De Vito contro il Raggi bis: in Campidoglio non si lavora più per il bene dei romani
L’INTERVISTA AL PRESIDENTE (M5S) DEL CONSIGLIO COMUNALE
«In Campidoglio non si lavora più per il bene dei romani». Così Marcello De Vito, presidente dell’Aula, commenta gli ultimi 60 giorni di caos tra Raggi che annuncia il bis in autonomia, i mal di pancia nella maggioranza e le pressioni dei vertici M5S. De Vito, Di Maio parla di formula PD-M5S pure a livello locale. Significa che per il M5S Roma è un problema? «Ha espresso la sua opinione. Dopodiché sulle possibili quanto eventuali alleanze, è la base che deve valutare e decidere. È fondamentale rimetterla al centro, dopo che per anni è stata esclusa per effetto di scelte verticistiche, come il voto sul superamento del limite dei due mandati e del divieto di alleanze: è questo il problema del M5S a Roma».
Quindi sostiene Raggi o pensa alle comunarie? «Non credo siano alternative. Ma le comunarie sono certamente indispensabili e ineludibili. Non solo per il rispetto delle regole del M5S, ma in quanto è fondamentale costituire una fase di confronto con gli attivisti sulle idee e sulla visione di Roma, dopo quattro anni di scarso coinvolgimento. Le ritengo fondamentali anche per Virginia che, ove vincesse, otterrebbe una legittimazione tale da rendere inconsistente ogni possibile contestazione. Non è una posizione contro Raggi, ma pro M5S».
Invece non si faranno?
«Mi sembra che si stia prediligendo la via della autoproclamazione attraverso videoconferenze autoreferenziali e riservate ad amici e fedelissimi. Non è il percorso corretto e va rettificato. Preferisco le assemblee che partono dal basso come quella del 25 ottobre organizzata dagli attivisti».
Perché Raggi ha così anticipato il bis? Forse perché ha fiutato l’accordo tra con il Pd e ha temuto di essere fatta fuori?
«Nel tentativo di comprendere le motivazioni altrui in genere si fanno danni e finiscono le migliori amicizie (ride, ndr). Dovreste chiedere a lei. Io posso solo ribadire quanto detto: va intrapreso il percorso giusto».
Ma lei, con il suo laboratorio politico Crea Movimento, si candida in caso di comunarie? E se non si fanno, pensa di uscire dal M5S?
«Le mie lancette sono rimaste al principio per cui sono gli attivisti a sceglierti. Al momento non sono in grado di rispondere del futuro. Dico però che il M5S sta imponendo dall’alto troppe deroghe e che questo gli sta facendo perdere la sua originaria credibilità e, di conseguenza, il consenso che ne derivava. Il fatto che la partecipazione sia nettamente scemata ne è l’evidente sintomo. Se dovesse esserci questa ennesima deroga, farò serenamente le mie valutazioni».
È su questo che la maggioranza si è spaccata?
«È esattamente per i motivi che ho già espresso. In Campidoglio si ragiona ormai per gruppi divisi. Le iniziative vengono portate avanti o meno a seconda del proponente. Non si lavora più sul merito e per il bene dei cittadini romani. Va ricostituito uno spirito di squadra e di partecipazione».
Altrimenti è paralisi. Lo stadio, per esempio, è a rischio?
«Comprendo l’interesse giornalistico, ma sul provvedimento farò le mie valutazioni solo dopo un eventuale passaggio della proposta in giunta ed allorché dovesse iniziare la “fase d’Aula”. Più in generale, posso dire che il voto di ferragosto sul superamento del terzo mandato e il percorso successivo che ne è derivato, poco partecipato e di auto-proclamazione, è alla base delle frizioni».
In questo clima pensa possibile un’intesa col Pd?
«Rieccoci alle alchimie contabili. Si parli esclusivamente di programmi, di decentramento, di rigenerazione urbana e mobilità sostenibile, di ambiente e chiusura del ciclo dei rifiuti. Qual è la comune o assonante visione su cui dovrebbe perfezionarsi questa intesa?».
Candidarmi?
Non rispondo del futuro. Il M5S sta imponendo deroghe e questo gli sta facendo perdere la sua credibilità e il consenso che ne derivava
In Campidoglio Ormai le iniziative vengono portate avanti o meno a seconda del proponente. Non si tiene più in considerazione il merito