Kennedy, Farnesina e gli altri licei: «Il rischio è indebolire la didattica»
«Il vero rischio, in realtà, non è il virus, quanto piuttosto un indebolimento della didattica, dovuta ad una generalizzata situazione di caos, che temiamo possa produrre effetti di mancata conoscenza permanenti nei nostri studenti». Cinque presidenti di consigli di istituto - Fabrizio Antolini del liceo Kennedy, Daniele Cipolloni del Montale, Salvatore Piccirillo del Morgagni, Brenda Pretorius del liceo Farnesina e Carlo Rossi dell’Albertelli - invitano a riflettere sulle criticità della scuola.
«Quest’anno scolastico scrivono - sembrava potesse rappresentare il riscatto dell’istituzione-scuola. Un’intera estate è stata spesa nel tentativo di organizzare e realizzare nuovi spazi, misurare ambienti, acquistare dispositivi e predisporre termoscanner. Dopo aver applicato tutte le disposizioni e rispettato ogni normativa, le scuole sono oggi luoghi senz’altro più sicuri di mezzi pubblici, ristoranti, pizzerie, bar, discoteche. Eppure, soltanto le scuole, sin dal primo giorno di riapertura, stanno soffrendo per proteste, lettere di diffida, petizioni e addirittura denunce».
«Questo - continuano - è dovuto al fatto che dietro l’indipendenza degli istituti scolastici, in realtà si è celata la totale mancanza di linee guide corrette che avrebbero aiutato non poco a dare certezza. Un esempio è il termoscanner all’entrata: alcune scuole lo hanno installato, altre osteggiato. E’ possibile scaricare sulle famiglie e sui presidi una forma di controllo strategico che doveva e poteva essere organizzata preventivamente in modo omogeneo? Si potevano imporre delle mascherine trasparenti in modo da poter agevolare la socializzazione e la comunicazione anche visiva? Ma, soprattutto, è possibile richiedere la Dad, senza supportare tecnologicamente gli insegnati di lavagne digitali dove poter scrivere direttamente sul computer?»
E si chiedono: «Cos’è maggiormente prioritario, disegnare una scuola all’avanguardia insieme ai docenti oppure fossilizzarsi su sedie, banchi, mascherine, gel? L’incapacità di garantire una programmazione mirata ha prodotto la sensazione che la scuola possa diventare non il centro per lo sviluppo della persona, ma un potenziale focolaio dal quale magari scappare».