Un Caf utilizzato come base dagli usurai
Una vittima ha tentato il suicidio. Sei arresti
La base degli usurai era in un ufficio per l’assistenza fiscale in via Ettore Rolli, al Portuense. Lì, come ha scoperto la polizia, una banda di strozzini riceveva le vittime e incassava il pagamento delle rate dei debiti. In sei sono stati arrestati: sono accusati anche di aver minacciato di morte chi non riusciva a versare i soldi. Una delle vittime ha tentato il suicidio lanciandosi da un palazzo.
«Ti vengo a cercare, ti aspetto sotto casa, ti faccio proprio male. Se stamattina non vieni ti stacco la testa!». Minacce esplicite, qualcosa più di un avvertimento. Perché le tante vittime degli strozzini che usavano come copertura il Caf in via Ettore Rolli, al Portuense, sapevano che non sarebbero rimasti tali. Una di loro è stata presa a pugni. Un’altra, un barista, è salito al sesto piano di un palazzo e ha minacciato di lanciarsi di sotto. «Sono pieno di debiti, sono in mano agli strozzini», ha detto nel 2018 agli investigatori del commissariato San Paolo, che da quel momento in poi hanno cominciato le indagini insieme con la Squadra mobile, sezione Reati contro il patrimonio, fino agli arresti di ieri. Uno in carcere, a Regina Coeli, gli altri ai domiciliari, più due denunciati a piede libero. Sono accusati a vario titolo di usura, estorsione, lesioni aggravate ed esercizio abusivo del credito. All’inizio la polizia è arrivata a loro proprio sulla base delle denunce del barista, che doveva alla banda alcune decine di migliaia di euro, debiti maturati con interessi mensili fino al 40% e prestiti «a fermo», ovvero senza mai intaccare il capitale. Poi però gli investigatori hanno raccolto altre 14 denunce. Secondo chi indaga, guidato dal capo della Mobile
Luigi Silipo, c’erano Roberto Castroni, 82 anni, e Amedeo Micolano, di 78, meglio conosciuto come «Franco», responsabile del Caf. Con loro c’erano poi altre persone che collaboravano alla riscossione dei crediti - che spesso avveniva proprio negli uffici di assistenza fiscale -, fra cui Paolo Viola, 40 anni, di professione autista di scuolabus, incensurato (almeno per ora) ma per la polizia coinvolto nel giro d’usura da almeno 15 anni. Era lui a portare in luoghi isolati chi non riusciva a onorare le rate mensili, e a minacciarlo anche con un’arma da fuoco. Vittime, soprattutto nel campo della ristorazione, ma ci sono stati anche titolari di officine meccaniche e di imprese di servizi, che venivano anche terrorizzate dalla prospettiva di finire nel mirino di gruppi malavitosi napoletani, o della famiglia Casamonica. In particolare una sorte che toccava a chi si credeva sul punto di rivolgersi alle forze dell’ordine. «Se mi denunci, ammazzo prima la tua famiglia - diceva uno strozzino - e poi te...».