Corriere della Sera (Roma)

Lo sguardo di Siragusa

Al Museo di Roma in Trastevere cento scatti del pluripremi­ato fotografo raccontano la periferia della città e le sue contraddiz­ioni

- Edoardo Sassi

A colori Insegne, parcheggi, alberi, palazzi e palazzine, cartelloni, lamiere e street art

La città che i turisti non vedono. Quella, però, dove la maggior parte della gente vive, fatica, dorme, fa la spesa, aspetta l’autobs, parcheggia (anche in doppia fila), compra, consuma... Perché forse è facile fotografar­e la Roma monumental­e, archeologi­ca o barocca. Meno facile, però, comporre un’antologia di immagini — tanto documento, quanto poesia — puntando l’obiettivo su palazzoni e palazzine, su cartelloni pubblicita­ri e insegne qualunque, su lamiere e ringhiere, su scritte sui muri (e l’ormai immancabil­e street art) o cavalcavia. In una parole, sulle periferie di Roma, soggetto unico e tema della mostra personale di Massimo Siragusa, curata da Giovanna Calvenzi e aperta da oggi al 10 gennaio nel Museo di Roma in Trastevere.

Siragusa, classe 1958, vive da anni a Roma, dove insegna fotografia all’Istituto Europeo di Design. Rappresent­ato in Italia dall’Agenzia Contrasto, vanta numerosi premi tra qui quattro World Press Photo (2009, terzo Premio Contempora­ry Issues; 2008, secondo Premio Arts Stories; 1999, primo Premio Arts Stories; 1997, secondo Premio Daily Life). Qui presenragu­sa,

una selezione di cento scatti che raccontano, senza la facile seduzione del bianco e nero, una città tanto sgargiante e caotica quanto silenziosa, dove la presenza umana è, in realtà, un’assenza. Eppure Roma, anche quando non sono i ruderi del’antico Acquedotto a suggerirla direttamen­te, a un occhio attento è pur sempre riconoscib­ile, con una sua koinè e una sua identità che la distingue nell’indistinto calderone delle metropoli contempora­nee.

Un viaggio nelle periferie romane, quello di Massimo Sita capace di restituire il caos visivo trasforman­dolo, nel suo insieme, in «canto» proprio grazie all’anarchia tematica e architetto­nica. «Le sue periferie — scrive Giovanna Calvenzi nel libro che accompagna la mostra — non hanno bisogno di nomi, si inseguono diverse e uguali, sono il limite, i margini di una metropoli che può espandersi o implodere, che si è sviluppata incurante dei vincoli o dei suggerimen­ti di una qualsiasi legge urbanistic­a, del rispetto delle cromie o degli spazi altrui. Sappiamo che è Roma perché surrettizi­amente, ogni tanto, emergono statue o capitelli che ce lo ricordano, e tuttavia non potremmo essere altrove. Qualcosa nell’aria, nella luce, ma soprattutt­o nella divertita anarchia che ignora vicinanze, storia, ricordi, progetti futuri, ci conferma dove siamo. Questa è la periferia di una città dove tutto è possibile e tutto è impossibil­e, dove davanti alla vetrina di un parrucchie­re unisex possiamo mettere un soldato romano, dove ognuno, nello stesso stabile, può scegliere una diversa cassetta delle lettere, a proprio piacere, dove tegole amianto e ferro battuto possono convivere». Nel volume edito da Postcart, oltre allo scritto della curatrice, una sceneggiat­ura inedita di Ugo Gregoretti, un testo di Marco Maria Sambo e un racconto di Tommaso Giagni.

Tema La metropoli che i turisti non vedono, quella però dove in tanti vivono

 ??  ?? Fuori centro
Massimo Siragusa, «Roma, aprile 2017, Parco Giordano Sangalli nel quartiere Torpignatt­ara»
Fuori centro Massimo Siragusa, «Roma, aprile 2017, Parco Giordano Sangalli nel quartiere Torpignatt­ara»
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy