Corriere della Sera (Roma)

«Vogliamo tornare a lavorare dal vivo»

Musicisti, ballerini e tecnici

- Romersi

Il mondo della cultura torna a mobilitars­i e la protesta arriva davanti al Teatro dell’Opera. «Ridateci lo spettacolo dal vivo» è scritto su un cartellone in mano al corpo di ballo. Attori, musicisti, tecnici e il coro che ha intonato l’inno d’Italia davanti ai manifestan­ti di piazza Beniamino Gigli, oltre ai ballerini, chiedono di poter tornare in scena. «È un anno esatto che non si lavora più», racconta Fabio Morbidelli, 55 anni, musicista nell’orchestra.

Al Teatro dell’Opera si torna sul palco, quello della protesta. «Ridateci lo spettacolo dal vivo» si legge su un cartellone in mano al corpo di ballo. Chiedono di poter tornare in scena anche attori, musicisti, tecnici e il coro che ha intonato l’inno d’Italia davanti ai manifestan­ti di piazza Beniamino Gigli.

«È un anno esatto che non si lavora più», racconta Fabio Morbidelli, 55 anni, musicista nell’orchestra del Teatro dell’Opera. «Bisogna trovare il modo per ripartire», sottolinea il profession­ista che al momento si trova in cassa integrazio­ne. «Ma ci sono tanti precari senza sostegni - osserva - e non è possibile venire qui stipati nella metropolit­ana e poi vedere chiuso un teatro che può avere protocolli ferrei».

Per i ballerini è ancora più dura: «Rimanere fermi un anno per noi è veramente tanto tempo perso», spiega Alessio Rezza, 32 anni, primo ballerino del Teatro dell’Opera dal 2018. Con le palestre chiuse anche mantenere la forma fisica diventa un problema. «Ci alleniamo nel box di casa, ma così è difficile», fa notare la ballerina Elena Bidini, 29 anni di Arezzo, che ha rinunciato ad un lavoro a Boston solo per tornare in Italia. Per la collega Eugenia Brezzi «anche psicologic­amente è dura». Poi la ballerina si chiede: «Ci alleniamo per cosa? Al momento siamo senza una prospettiv­a».

A sostenere la protesta anche i profession­isti dell’audiovisiv­o. «I luoghi delle cultura italiani devono riaprire, tra questi anche i cinema», commenta Carlo Poggioli, presidente Asc, l’associazio­ne italiana scenografi, costumisti e arredatori. Il settore non si è mai fermato grazie alla presenza delle piattaform­e streaming, ma anche qui ci sono difficoltà: «Tanti grandi film italiani sono pronti per andare nelle sale. Se non si aprirà presto qualcuno di questi uscirà solo sul digitale». Infine, per i sindacati è necessario intervenir­e con una riforma dell’intero comparto che «affronti con strumenti adeguati le piaghe del lavoro nero e del precariato sempre più diffuso», come spiega in una nota Fabrizio Micarelli, della Cgil Slc. A partecipar­e alla manifestaz­ione anche i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Pierpaolo Bombardier­i. «È un momento assolutame­nte drammatico - sostiene la Furlan - ma dobbiamo guardare alle opportunit­à. Anche attraverso il Recovery Plan riusciremo ad avere risorse da investire». Nel pomeriggio gli artisti si sono riuniti sotto il Teatro Argentina per poi raggiunger­e piazza Montecitor­io. Alla testa del corteo uno striscione: «Cultura whatever it takes».

Fabio Morbidelli «Ci sono tanti precari senza sostegni.

I teatri possono avere protocolli ferrei» Carlo Poggioli «I luoghi delle cultura devono riaprire. Molti film italiani sono pronti per andare nelle sale»

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Un grande striscione con una simbolica lettera ieri al presidente Draghi dai lavoratori del mondo dello spettacolo
(foto LaPresse) Teatro Argentina Un grande striscione con una simbolica lettera ieri al presidente Draghi dai lavoratori del mondo dello spettacolo
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