«Mio padre sempre vicino alla gente»
Gianmaria Coccoluto, i ricordi e l’affetto ricevuto dopo la morte del grande dj
«Si è sempre battuto per le cause che sentiva il dovere di difendere, in prima linea anche a costo di esporsi alle critiche». Racconta l’uomo dalla parte della gente, oltre che dj di successo, unico italiano a suonare nel tempio newyorkese dell’house music, Gianmaria Coccoluto, figlio di Claudio, scomparso martedì a 59 anni: «Come porteremo avanti i suoi insegnamenti? Le idee sono già moltissime».
Sapeva che suo padre era molto stimato, ma non immaginava che la notizia della sua scomparsa avrebbe innescato un flusso inarrestabile di messaggi di affetto, trasversale e inclusivo come era il fuoriclasse della consolle. «Sono stati giorni pieni d’amore, belli nella difficoltà», svela Gianmaria, 27 anni il prossimo 3 aprile, figlio del dj che dal negozio di elettrodomestici del padre, sul lungomare di Gaeta, ha conquistato il mondo.
Martedì telegiornali e siti web, per non parlare dei social, lo hanno celebrato come un protagonista del nostro tempo: si aspettava un simile riconoscimento?
«Il tributo al Festival di Sanremo,
Il caffè di Gramellini... è stato fantastico. Rispecchia la grande persona che era e tutto ciò che ha rappresentato».
Che uomo era suo padre, oltre il ruolo e una carriera costellata di successi?
«Nonostante la caratura e l’autorevolezza nel suo campo, ha sempre dedicato tempo agli altri, non ha mai fatto sentire nessuno escluso dalla sua cerchia».
In un filmato girato l’estate scorsa nel suo locale, l’Hotel Butterfly, diceva che tutti sono importanti nella festa, dal dj all’ultimo in fondo alla pista: quanto pesano, adesso, quelle parole?
«Esprimono il suo mondo pieno di condivisione, confronto, apertura mentale...un mondo fatto di scoperte e rapporti cristallini. Non si è mai sentito un personaggio dello star system, è stato sempre vicino alla gente».
La ricerca di nuove sonorità, le letture storiche, l’interesse per l’arte e la moda lo hanno reso una figura talmente poliedrica da essere considerato un intellettuale, colto ma non elitario: cosa ricorda della sua instancabile curiosità?
«Non è mai stato soltanto un dj, ma un comunicatore, docente alla Luiss e allo Ied, giurato a Sanremo, grafico... Ha dedicato la sua vita a tramandare un messaggio e a battersi con la musica e con le parole».
Cosa ha rappresentato per lei?
«Non è stato solo un marito e un padre, ma un supereroe».
Come ha affrontato la malattia?
«Con un coraggio e una riservatezza unici. Non voleva essere compatito, che quello fosse il centro dell’attenzione. Quando, durante un incontro per denunciare l’impatto devastante della crisi sanitaria sul mondo del clubbing, il deputato M5S Alessio Villarosa notò che aveva un problema alla gamba, disse che era a causa di una brutta caduta...
Ha cercato di mantenere il più possibile la normalità, è stato un esempio di grande dignità per chi combatte questa battaglia».
Ha mai visto la paura nei suoi occhi?
«Mai. È stato molto coraggioso e ha continuato a lottare per la categoria anche durante la pandemia».
Qual è il messaggio più importante che le ha lasciato?
«Tutta la sua vita è un messaggio... Un ragazzo partito da Gaeta per fare un lavoro che non era un lavoro, quando il dj era considerato un passa-dischi... È stato un artista straordinario, ma anche un uomo normale, che la notte rientrava a casa e ha tirato su una famiglia sana».
❞ L’impegno Fino all’ultimo ha lottato contro la malattia e per la musica messa in crisi dalla pandemia