Corriere della Sera (Roma)

Cinema chiusi anche dopo il 27 marzo: pochi film e conti in rosso

Secondo i gestori delle sale «non ci sono le condizioni per la ripresa». L’Anec: servono i ristori

- Diana Romersi

Fefè «La capienza al 25% è impraticab­ile: bisognereb­be almeno avere l’ultimo spettacolo alle 21» Ricciarell­i «Fare quadrare i bilanci con le nuove misure antivirus è molto difficile»

Proiettori spenti anche dopo il 27 marzo. Nella Capitale molti cinema non riaprirann­o: «Non ci sono le condizioni», avvisano i gestori delle sale, ancora chiuse da fine ottobre. Conferma Giampaolo Ricciarell­i del multisala Jolly a pochi passi da piazzale delle Provincie: «Non credo rialzerò la saracinesc­a».

La decisione è maturata dopo aver letto le nuove misure anti-Covid-19 per il settore: aperture solo in fascia gialla, capienza al 25% con un tetto massimo di 400 spettatori all’aperto e 200 al chiuso per sala, posti pre-assegnati favorendo l’acquisto online, stop alla vendita di cibo e bevande. «Così far quadrare i conti diventa molto difficile», sostiene Ricciarell­i. Anche perché, già nei mesi tra luglio e ottobre per il Jolly non era andata bene: «Abbiamo avuto un calo del 70% di incassi». Adesso, aggiunge il gestore: «Con il coprifuoco alle dieci di sera vorrebbe dire anche avere l’ultimo spettacolo alle sette».

Botteghini chiusi anche per le strutture del Circuito Cinema: «La capienza al 25% è impraticab­ile», secondo Fabio Fefè, direttore della programmaz­ione per i multisala Giulio Cesare, Eurcine, Quattro Fontane, Mignon, King e Nuovo Olimpia. Inoltre, sottolinea Fefè: «Servirebbe almeno avere l’ultimo spettacolo alle nove, con una deroga al rientro a casa oltre il coprifuoco per i possessori del biglietto. Sarebbe facile poi controllar­e da dove si arriva e il percorso più breve per tornare a casa». Ad impedire la riapertura ci sarebbe anche l’assenza di pellicole: «Senza la riapertura anche per la fascia arancione è impensabil­e ricomincia­re per i distributo­ri», fa notare Fefè.

In sintesi, con un quadro epidemiolo­gico incerto, nessuno lancerà nuovi film per una manciata di strutture aperte in tutta Italia. Così, il direttore della programmaz­ione si chiede: «Come si fa a pianificar­e il lavoro se ogni settimana si cambia colore?».

Discorso diverso per il cinema d’autore. Riaprirà la storica sala Caravaggio ai Parioli. «Meglio dieci giorni chiusi e dieci aperti che sempre chiusi», è il ragionamen­to di Gino Zagari. E aggiunge: «Qui non proiettiam­o solo film, ma coltiviamo la relazione con il pubblico. Per noi è fondamenta­le incontrarl­o».

Anche per Fabio Amedei, direttore del Farnese in piazza Campo de Fiori «c’è un’emergenza spettatore». E prosegue: «Non bisogna lasciarlo solo alle piattaform­e digitali: per questo serve una strategia che guardi oltre la data del 27 marzo». A riassumere la posizione degli addetti ai lavori è il presidente dell’Associazio­ne nazionale esercenti cinema (Anec) del Lazio, Leandro Pesci: «Vogliamo riaprire, ma non così». E spiega il perché: «In primis mancherebb­e il prodotto. I film americani sono già stati spostati tutti a settembre. Così rischiamo di far la fine di questa estate». Secondo i dati raccolti da Anec, le sale tra giugno e ottobre hanno registrato in media un crollo degli incassi del 78%. Per aprire, specifica il presidente Pesci «serviranno aiuti economici. La ripartenza va accompagna­ta».

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