L’ABRUZZO A RISCHIO CEMENTO
La Spina Verde di boschi e montagne che va dalle Alpi alla Sicilia presenta nell’Italia centrale una regione dal grande valore naturalistico: l’Abruzzo. Tra le sue ricchezze ci sono il Gran Sasso (2912 m) con i resti dell’unico ghiacciaio appenninico, e altre cime sede di una biodiversità ricchissima; gli orsi marsicani, una sottospecie unica al mondo, i camosci d’Abruzzo e il lupo italico e tante altre specie rare di animali e piante.
La popolazione locale, insediata in borghi di grande bellezza, fino ai primi anni del secolo scorso viveva principalmente di pastorizia.
Le cose cominciarono a cambiare in Abruzzo all’inizio del 1900, quando il tesoro naturalistico e paesistico di queste montagne affascinò numerosi personaggi dell’epoca. Tra questi Erminio Sipari, grande proprietario terriero di Pescasseroli, cugino di Benedetto Croce), che volle istituirvi un Parco nazionale.
Così, nel 1922 - grazie al convincimento della popolazione locale e la nascita di simili istituzioni negli Stati Uniti e in Svizzera, nacque il primo Parco nazionale d’Italia.
Nei decenni successivi questo esempio, gestito con intelligenza e positività, arrecò numerosi vantaggi non solo turistici ed economici alle popolazioni del luogo. Tanto che oltre all’ampliamento del territorio del primo Parco, (esteso anche a Lazio e Molise), ne furono istituiti di nuovi.
Dopo quello Regionale del Velino Sirente (1989), vennero i Parchi Nazionali del Gran Sasso e della Maiella (1995) e le Riserve Naturali del Monte Genzana, quella delle Gole del Sagittario, gestita dal Wwf, ed altre ancora.
Con il 30 per cento del suo territorio tutelato, l’Abruzzo venne così definito la Regione Verde d’Europa. La crisi economica degli ultimi anni, peggiorata dalla pandemia del Coronavirus, ha però risvegliato aspettative antiche per uno sviluppo legato ai finanziamenti pubblici e soprattutto europei assicurati dal Recovery Fund.
Gli inquietanti progetti investono (come scrive Dante Caserta vicepresidente del Wwf) vari settori. In primo luogo gli assalti alle aree protette che avevano contribuito al successo turistico della Regione.
Tra questi, il minacciato taglio di circa 8000 ettari del Parco Regionale del Sirente Velino. Questa proposta osteggiata dal mondo ambientalista che ha raccolto quasi 125.000 firme, compresa quella di Dacia Maraini - si somma ad altri progetti impattanti sulle montagne abruzzesi come la «riproposizione del vecchio modello del Circo Bianco, con nuovi impianti di risalita», strutture simili a quelle che si vorrebbero realizzare nei Parchi della Maiella e del Gran Sasso nonostante il calo del 78 per cento degli innevamenti in tutto il mondo. Ma la preoccupazione maggiore per i difensori della natura è il progetto di una strada che dal Piano delle Cinque Miglia, presso Roccaraso, tagliando foreste e aprendo tunnel nelle gole rocciose, passando per Scanno arriverebbe a Ortona dei Marsi sul versante del Fucino, con un costo di 750 milioni, in netto contrasto con gli obbiettivi ecologici del Next Generation EU e del New Green Deal concepiti per un indifferibile «risorgimento ecologico» in difesa del Pianeta.