Non riaprono 4 ristoranti su dieci
I presidi delle scuole critici sul limite delle presenze al 70% imposto dal governo: non ce la facciamo Impossibile sistemare tavoli all’aperto: protesta la categoria. L’assessore Coia contro i funzionari
A Roma un ristorante su quattro lunedì non riaprirà a causa dell’impossibilità di allestire i tavoli all'aperto. Le associazioni di categoria chiedono che si autorizzi il servizio anche all’interno, con maggiore distanziamento e sanificazioni. L’assessorato al Commercio incalza il dipartimento Mobilità per rivedere i criteri di classificazione delle strade. Protesta dei presidi per la capienza in classe aumentata almeno al 70 per cento.
Tra incertezze e malumori, le attività di somministrazione si preparano alla ripartenza, da lunedì, con servizio all’aperto. Criticità anche per il rientro a scuola, non più al 60 per cento ma al 70 degli alunni: 29mila in più, indirizzo che ha scatenato la protesta dei presidi. Tra i molti nervi scoperti, la possibilità per gli esercenti di riaprire soltanto all’esterno, sia a pranzo sia a cena: secondo le associazioni di categoria, a Roma il 40 per cento delle imprese, 4.800 su 12mila, non è nelle condizioni di allestire coperti en plein air vuoi per la conformazione del territorio, vuoi per il rispetto dei coni visivi nelle aree monumentali del sito Unesco.
Nel luglio scorso il Campidoglio aveva autorizzato l’ampliamento dei tavolini in sede stradale, incluse le strisce blu, fino al 50 per cento nel Centro storico, al 70 per cento nelle periferie, ma nonostante le migliaia di pratica autorizzate molti esercenti rimarranno tagliati fuori. L’assessore al Commercio, Andrea Coia, ritiene che in alcuni casi il dipartimento Mobilità interpreti in modo non proprio aderente il Codice della strada, classificando come arterie di grande viabilità, dove i dehors non sono consentiti, quelle che invece andrebbero rubricate alla voce «viabilità secondaria». Succede in via Sistina, a senso unico, che per volumi di traffico non si può certo equiparare a una consolare ad alta percorribilità o a via Tuscolana: «Stiamo cercando di far capire agli uffici che è un errore - insiste Coia - e che si dovrebbe valutare caso per caso». Identica situazione per via Milano, via Cavour, viale Adriatico. Altro tema controverso, il coprifuoco alle 22 che dovrebbe essere in vigore fino
Le riaperture La Confcommercio ritiene indispensabile che si possa mangiare al chiuso: dal 1 giugno si può solo a pranzo
alla fine di giugno: «Si arrivi almeno alle 23...La sindaca Raggi scriverà al premier Draghi: al chiuso si possono adottare misure più rigide come la distanza di due metri tra i tavoli e prenotazioni scaglionate per fasce orarie. I ristoratori sono i primi a voler garantire la sicurezza all’interno dei propri locali». A ribadirlo è Sergio Paolantoni, presidente di Fipe-Confcommercio Roma, consapevole che le occupazioni di suolo pubblico siano soggette a una serie di limitazioni indipendenti dalla volontà dell’amministrazione: «Preso atto che quasi la metà degli esercenti non ha spazi all’aperto, riteniamo indispensabile che si possa aprire anche al chiuso (per il governo si potrà dal 1° giugno, ma soltanto a pranzo, ndr), magari con un distanziamento più ampio e la ventilazione degli ambienti: tra un turno e l’altro si può ripetere l’igienizzazione per ridurre al minimo i rischi».
Secondo Valter Giammaria (Confesercenti), con il ritorno del Lazio in zona gialla dovrebbero essere ripristinate le regole che valevano quando la regione era dello stesso colore: «Nella prima fase si somministrava anche all’interno e gli imprenditori hanno sostenuto molte spese per adeguare
le attività ai protocolli sanitari, dal plexiglas alle sanificazioni. Se si potrà aprire soltanto all’aperto, la metà di bar, ristoranti, tavole calde resterà chiusa fino a giugno e continuerà a essere in forte sofferenza, visto che i ristori non risolvono certo i problemi di un’azienda».
Lamenta la mancanza di ascolto da parte del Cts Roberta Pepi, presidente dell’associazione «Roma più bella»: «Secondo gli esperti le evidenze scientifiche mostrano un maggiore pericolo di contagio all’interno dei nostri locali, ma allora chiediamo di vedere i dati perché siamo noi i primi a non volerci ammalare». L’imprenditrice, indignata per il veto c he colpisce una fetta importante di operatori della ristorazione, incalza il governo: «Si pensi a come indennizzare chi non potrà riaprire perché non ha i tavolini fuori e a ristorare i costi fissi».