Festa e fuochi d’artificio per Spada, che torna in cella
Vittorio, esponente del clan di Ostia, uscito di galera e sorpreso in un «sontuoso» banchetto a Isernia
Dal carcere a casa e di nuovo in cella nello spazio di una notte o poco più. È la poco onorevole strada percorsa da Vittorio Spada, 30enne esponente del clan di Ostia, detenuto a Frosinone per reati di mafia, finito ai domiciliari il 14 aprile e nuovamente incarcerato ieri (a Rebibbia) per come ha gestito le sue prime ore fuori dal penitenziario: una festa a Isernia, sua città di origine, con fuochi d’artificio in strada e poi un affollato banchetto di bentornato, interrotto solo dall’arrivo dei carabinieri. Ma tutt’altro che ingenua e sprovveduta, la vistosa accoglienza al nipote detenuto viene interpretata da chi indaga, anche in base ai precedenti analoghi, come un messaggio agli abitanti del popoloso quartiere San Lazzaro della città molisana: «Siamo ancora potenti».
E Vittorio Spada, detto Manolo, è già di per sé un simbolo. Il nome è quello dello storico patriarca dei Casamonica, a rafforzare il legame di parentela con l’altro clan di origine nomade, che proprio in queste zone, come gli Spada in Abruzzo, iniziò la sua ascesa criminale (il defunto boss Vittorio era di Venafro). Il 30enne Manolo è stato arrestato insieme ad altri 31 affiliati, incluso il gotha della famiglia Spada, nel gennaio 2018 nell’operazione Eclissi con cui le indagini dei pm Ilaria Calò e Mario Palazzi assestarono il colpo forse definitivo al loro potere (dopo Tramonto e Nuova Alba che aveva decapitato i Fasciani da cui dipendevano). Nel processo in cui è stata riconosciuta la natura mafiosa della loro associazione a delinquere, Vittorio è passato da una richiesta di condanna a 10 anni in primo grado ai 7 in appello che sta scontando e che avrebbe dovuto trascorrere ai domiciliari per il periodo residuo (3 anni e mezzo circa). All’interno della associazione, come riconosciuto dalle sentenze, si occupava di armi, estorsioni e stupefacenti, con la particolarità di comparire assieme al fratello Ottavio tra i dipendenti de «Il mio fornaio», il panificio di via Capo Palinuro a Ostia che il boss Carmine Spada gestiva dietro lo schermo di un prestanome.
Oltre a violare le restrizioni degli arresti domiciliari, la festa e il banchetto definito «sontuoso» nel verbale dei carabinieri si è tenuto in spregio delle norme anti-Covid. I fuochi artificiali si sono visti e sentiti in tutta la città con una ostentata appariscenza che lega anche sotto questo aspetto il destino del 30enne a quello dello zio omonimo, salutato a Roma dallo sfarzoso funerale che nel 2015 riaccese i riflettori sul clan.
«Eclissi» Il 30enne è stato arrestato con altri 31 affiliati nel 2018 nell’operazione «Eclissi»