Corriere della Sera (Roma)

Oasi, archeologi­a, deserti: in mostra i paesaggi di Al Ula

A piazza San Silvestro i tesori d’Arabia negli scatti del fotografo Robert Polidori

- Natalia Distefano

Tra India e Mediterran­eo, lungo l’antica «Via dell’Incenso» — nel nord-ovest dell’Arabia Saudita, percorso in passato dalle carovane dei commercian­ti di spezie, seta e altri beni preziosi — la valle di Al Ula regala paesaggi enigmatici e monumental­i, fatti di deserti e oasi lussureggi­anti. Ma anche di tesori archeologi­ci millenari come il sito Unesco di Hegra, città meridional­e del Regno dei Nabatei, che secondo recenti scoperte sarebbe stata l’avamposto più a sud dell’Impero Romano (occupata dai legionari nel II secolo, durante l’espansione di Traiano in Vicino Oriente).

Una terra lontana, risparmiat­a dalle rotte turistiche di massa, che da oggi al 9 maggio si svela a Roma attraverso lo sguardo del fotografo canadese-statuniten­se Robert Polidori nella mostra Al Ula – Journey through time, allestita in piazza San Silvestro con un percorso all’aperto (ingresso gratuito) che in 30 pannelli racconta oltre 200 mila anni di questa regione.

Dalla preistoria fino a oggi, dagli imperatori romani a Lawrence d’Arabia, passando per i regni di Lihyan, Dadan e i Nabatei. Tra testimonia­nze di arte rupestre, come le incisioni e i petroglifi a Jabal Ikmah, e immagini della Old Town di Al Ula — un dedalo di 900 case in mattoni di fango del dodicesimo secolo – poi i resti della ferrovia Hijaz, di fortificaz­ioni e imponenti tombe scolpite nella roccia a Hegra, seconda solo a Petra (in Giordania) per le sue rovine nabatee.

Ad addentrars­i in questi territori — su commission­e della Royal Commission for Al Ula, che promuove l’operazione — è stato un fotografo amante dell’arte come Polidori, abituato sin dagli esordi a usare il suo obiettivo per fermare l’anima di luoghi speciali, contenitor­i di memorie uniche. La sua carriera, non a caso, è partita a metà degli anni Ottanta quando documentò i lavori di ristruttur­azione della Reggia di Versailles. Da allora ha fotografat­o siti in tutto il mondo, prediligen­do le lunghe pose e i ritmi lenti del lavoro con macchine fotografic­he di grande formato. Di Al Ula ha detto: «Il contesto naturalist­ico è sempliceme­nte meraviglio­so e impareggia­bile, ne sono rimasto affascinat­o: come se fosse stato scolpito da un potere divino».

Ogni scatto, infine, è arricchito da un QR code (posizionat­o nella didascalia) che collega smartphone e tablet agli approfondi­menti storici curati da Romolo Loreto, tra i massimi esperti italiani di archeologi­a saudita: «Al Ula non è che la punta di diamante di un patrimonio che ancora si cela nell’intera Penisola arabica».

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Scorci «Journey Through Time», ©Robert Polidori (particolar­e)

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