La disfatta dell’asfalto inghiottito dalle piante
Una salita deliziosa dove i marciapiedi sono stati inghiottiti dalla vegetazione o dai rifiuti
R oma commuove e sorprende. Assistere alla disfatta ecologica dell’asfalto, alla vittoria della vegetazione sui manufatti, è una gioia dello sguardo. C’è una via bellissima nel quartiere dove abito, tra il Flaminio e i Monti Parioli, a pochi minuti da Piazza del Popolo. È una salita che percorro in bici quasi ogni giorno, tornando a casa.
Se poso lo sguardo a sinistra, vedo che dove c’era un marciapiede, forse anni fa, oggi ci sono papaveri, fiorellini gialli di cui non conosco il nome, fiordalisi, edera, felci, finocchi selvatici… avete presente quella vegetazione spontanea che fiorisce, pur con meno rigoglio, tra i binari del treno? Quell’affascinante miscela di erbacce e infiorescenze che a New York due celebri studi di architettura hanno artificialmente ricreato sulla vecchia High Line, ormai meta tra le più turistiche della città? Ebbene, in via Jacovacci nasce e prospera senza che l’amministrazione comunale spenda un euro tra archistar e vivaisti che ne curino la manutenzione. Non c’è più il marciapiede, è vero, ma ai pedoni basta usare quello dall’altro lato della strada. Basterebbe, diciamo. Perché all’opposto, sul marciapiede che corre parallelo a viale Bruno Buozzi, anziché forme vegetali fioriscono rifiuti. Lo spazio per i pedoni è stato inghiottito da recinzioni di plastica arancione ingarbugliata, che delimitarono cantieri stradali mai portati a termine, da sfalci di passate gestioni ormai fattisi torba, da rami di antiche potature, da un forno per cucine componibili, batterie d’auto, plastiche, sacchetti dell’immondizia un tempo ricolmi e ora svuotati da ratti e gabbiani, bottiglie, escrementi umani.
Così succede che da un lato abbiamo il trionfo della natura sull’urbanizzazione, e dall’altro invece il trionfo della spazzatura. Una bella sintesi della situazione in cui versa la nostra amata Roma, tra successi della vita florofaunistica e successi della maleducazione, dell’incuria, del disastro amministrativo. Anche per questo amo tanto Roma, pur essendo cresciuta nell’ordine urbano di Brescia, e più tardi di Milano. Perché Roma ci simbolizza e rappresenta. È un ritratto espressionistico del nostro versante selvatico e anche di quello oscuro.