Corriere della Sera (Roma)

INCUBO URBANO SUL FALSO TAXI CON INSULTI E INSEGUIMEN­TO

- Lettera firmata pconti@corriere.it

Caro Conti, sono una pensionata, ho 73 anni, non guido, uso il taxi. Giorni fa ne ho preso uno in piazza san Pantaleo per la clinica Villa Mafalda al Nemorense. Una vecchia 500 bianca col logo 3570. Abitacolo malconcio, niente tramezzo antiCovid, un foglietto a matita: «niente carte di credito». Va verso Prati, si impiglia nei sensi unici. Avanzo riserve, il tassametro a 15 euro. Chiedo di azzerarlo e di ripartire seguendo le mie indicazion­i. Il tassista impreca in un dialetto poco comprensib­ile, insulti alla mia età e ad altro. Chiamo il 3570 e apprendo che il numero identifica­tivo iniziante con CC è sconosciut­o alla cooperativ­a, l’interlocut­ore aggiunge «il taxi è meglio chiamarlo telefonica­mente». A un semaforo rosso lascio e 20 sul sedile, cerco di correre, l’autista mi insegue, tenta di strapparmi il cellulare. Mi salva un impavido podista. L’autista stacca l’insegna del 3570, fugge, io fotografo la targa. In un regolare parcheggio taxi del Comune, si rischia di salire su un’auto abusiva, mettendo in pericolo la propria incolumità...

La lettera è firmata, la storia è vera. Attenzione, cari lettori, anche ai falsi taxi alle fermate. Per la serie: solo a Roma, solo a Roma ....

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