Corriere della Sera (Roma)

Valentina Mira: la forza delle parole contro i tabù

Valentina Mira nel suo romanzo narra lo stupro subito

- di Federica Manzitti

Nata e cresciuta a metà strada tra Acca Larentia e piazza Tuscolo, nel cuore nero della destra romana, Valentina Mira ha pubblicato il primo romanzo a pochi giorni dal suo trentesimo compleanno che sarà domani, il 25 aprile.

(Fandango Libri) non è un libro politico, non nel senso convenzion­ale del termine, eppure al centro ha il corpo e l’esperienza dello stupro, che sono aspetti tra i più radicalmen­te politici della nostra esistenza. «Con il caso Grillo negli ultimi giorni è come se il mondo dei media si fosse accorto della violenza sessualedi­chiara l’autrice, una laurea in Giurisprud­enza e un curriculum diviso tra collaboraz­ioni giornalist­iche e lavori saltuari come rider o camerieram­a in realtà è un tema che tutte le donne hanno costanteme­nte presente, alcune lo sognano ogni notte, soprattutt­o se lo hanno subito». Parbre la per sé, come di sé parla e in prima persona nelle 176 pagine del romanzo scritto in equilibrio tra intimità e distanza, tra denuncia e confidenza, come fosse la lettera ad un fratello che è stato complice – in parte- del suo stupratore. «Questo per la verità non è il mio primo libro, è il primo che riesco a pubblicare. Lo stupro c’entrava anche con gli altri romanzi ma, come si dice a Roma, fino a quando non mi sono messa su X, scrivere della violenza nun m’areggeva».

La scrittura come terapia?

«La parola scritta è fondamenta­le per capire quello che accade a me, agli altri o al mondo. Però per scrivere di una cosa non basta averla vissuta, devi anche studiare molto. Leggere Simone de Beauvoir ad esempio, o conoscere il lavoro quotidiano delle femministe nei collettivi di periferia, o ripassare il Diritto. Parafrasan­do il libro più cele

di Hannah Arendt, io volevo scrivere della Banalità dello stupro».

Un crimine perpetrato in un ambiente come quello della gioventù di destra, da un amico, senza percosse, senza pistole puntate.

«Da tempo cercavo in libreria qualcosa che raccontass­e quello che davvero accade con la violenza sessuale. Ad esempio ne La ciociara, che tuttavia trovo bellissimo, Moravia fa dire alla protagonis­ta: Meglio morta che stuprata, oppure in Ohio di Stephen Markley lo stupro è un escamotage narrativo. Non a caso sono libri scritti da uomini».

Il fascismo a Roma: un altro tabù contro cui è voluta andare.

«Sono cresciuta in un ambiente in cui dire “negro” o “troia” è comune, fa parte della cultura condivisa. La misoginia e il razzismo sono nell’humus del quartiere in cui sono nata. È lo stesso ambiente da cui proviene il ragazzo che ha stuprato: una Roma bigotta, cattolica, un po’ ignorante, ma che non ha niente di mostruoso e violento come la Roma della periferia cavalcata da tanta letteratur­a e cinema a partire da Romanzo criminale».

Cosa pensa del caso Grillo?

«Non trovo le parole e non voglio trovarle. So solo che otto giorni per fare denuncia sono pochissimi. La legge prevede fino a 12 mesi. Ho grande rispetto per le donne che hanno trovato il coraggio di denunciare. Io non l’ho avuto».

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Autrice Valentina Mira compirà trent’anni domani

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