Caos sepolture, la Procura apre un’inchiesta
Al momento 850 salme in più rispetto al normale sono nelle camere mortuarie
Sono 850 in più, rispetto alla media ordinaria, le bare che attendono il loro turno nelle camere mortuarie dei cimiteri Flaminio e Verano. I cimiteri romani sono al collasso e gli addetti del settore presentano un esposto in Procura.
Riuscire a far cremare le salme dei propri cari nei tempi previsti, due settimane, da sei mesi a Roma è diventata un’impresa. Dopo il dolore per la perdita di un parente o un amico, l’attesa per dargli una degna sepoltura può durare anche un paio di mesi. Una sorte analoga spetta alle tumulazioni delle urne: da gennaio scorso una circolare del ministero della Salute dispone la priorità per le prime sepolture, con tempi dilatati per quelle classificate come non urgenti. Così nei giorni scorsi l’Efi, una sigla che raccoglie gli operatori del settore funebre, ha presentato un esposto in Procura ipotizzando i reati di sottrazione di cadavere e omissione di atti di ufficio.
Attualmente, riferisce l’Ama, attendono il loro turno nelle camere mortuarie dei cimiteri Flaminio e Verano circa 850 bare in più rispetto a quelle presenti in un periodo
Ama (nella foto l’ad Stefano Zaghis) prova a tamponare l’emergenza. Sono disponibili su appuntamento circa 400 urne richieste in affido da congiunti, oggi tenute in custodia nei cimiteri cittadini ordinario. A dicembre, nel pieno della seconda ondata dell’epidemia di Covid, erano anche di più. Sono accatastate a decine su rastrelliere di tubi di metallo da 3 o 4 ripiani: a San Lorenzo nel cimitero monumentale stazionano in corridoi angusti, a Prima Porta in degli stanzoni.
Da mesi i sindacati denunciano la situazione. Poi sono arrivati i maxi cartelloni affissi in diversi punti della città da Oberdan Zuccaroli per chiedere scusa alla mamma perché «non riesco ancora a farti tumulare». Infine la denuncia del parlamentare Pd Andrea Romano, che da due mesi attende di seppellire l’urna del figlio. Virginia Raggi ha contattato il deputato per scusarsi: «Ho il cuore colmo di dolore. Ho convocato Ama per chiedere cosa sia accaduto, mi è stato assicurato un intervento straordinario».
La crisi nasce da due fattori. In parte è legata alla pandemia di Covid: negli ultimi sei mesi, a partire dalla seconda ondata, a Roma sono morte oltre 5mila persone in più rispetto allo stesso periodo del biennio precedente. Ma la crisi del sistema cimiteriale racconta anche una laicizzazione dei costumi. Nel 2000 in città venivano effettuate circa 3mila cremazioni all’anno, nel 2020 sono state quasi 16mila. In 20 anni si è passati da un decimo a più della metà dei defunti cremati ogni anno. Un ritmo che l’unico impianto cittadino - 6 forni con capacità di 250 pratiche al giorno che può estendersi fino a 360 - non riesce a sostenere. Già nel 2019, prima del coronavirus, l’allora ad di Ama Massimo Ranieri aveva segnalato in una comunicazione al gabinetto della sindaca che era «necessario» realizzare altri due forni per «far fronte al progressivo incremento della domanda di cremazioni» e scongiurare eventuali criticità. Una richiesta rimasta inevasa.
Del caso discuterà anche l’assemblea capitolina, il presidente Marcello De Vito proporrà ai capigruppo una seduta a tema il 5 maggio. Nel frattempo Ama prova a tamponare l’emergenza. Sono disponibili su appuntamento circa 400 urne richieste in affido da congiunti, oggi tenute in custodia nei cimiteri cittadini. Da maggio, invece, dovrebbero riprendere anche le tumulazioni delle ceneri.
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La sindaca al deputato Pd «Ho il cuore colmo di dolore. Ho convocato Ama per chiedere cosa sia successo»