Malagrotta, diossina alta ma nella norma
Si indaga per incendio doloso: rilievi e analisi per stabilire eventuali responsabilità
Secondo le rilevazioni effettuate dall’Arpa a 48 ore dall’incendio divampato mercoledì a Malagrotta, i livelli di particolato e diossina nell’area circostante sono elevati ma entro i limiti indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità. Nel frattempo, in Campidoglio si lavora per sbloccare al più presto (forse lunedì) il Tmb1, l’impianto di trattamento non danneggiato dalle fiamme. Oggi sit-in degli abitanti della Valle Galeria, mentre protestano i sindaci del Frusinate: «No ai rifiuti di Roma, pronti a bloccare i camion».
Dubbi sul sistema di azionamento manuale dell’allarme antincendio (partito con probabile ritardo). Più altri ancora sui materiali presenti nelle vasche del combustibile ricavato dai rifiuti (cosa contenevano davvero?). Quarantotto ore dopo si scava fra le anomalie degli impianti che sono di Manlio Cerroni, ma oggi gestiti da un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale, Luigi Palumbo.
E per farlo, perché cioè i carabinieri del Noe abbiano ampio accesso a tutte le eventuali zone d’ombra della discarica, la Procura ha formulato l’ipotesi di reato più ampia, l’unica che pacificamente permetta di effettuare verifiche più approfondite. Ovvero che quello divampato nel pomeriggio di mercoledì sia stato un incendio doloso. Solo per questa strada i militari potranno appurare 1) se le vasche di combustibile dei rifiuti (il cosiddetto Cdr) fossero davvero presidiate; 2) se il contenuto delle vasche stesse fosse a regola d’arte; 3) se i sistemi di allarme fossero in funzione; 4) se qualcuno abbia deviato dai protocolli regolamentari ai quali è soggetto l’impianto. O se, al contrario, l’incendio sia frutto di temperature sopra le norme stagionali. Un evento, per così dire, nella media, se non addirittura prevedibile. Intanto, tra i molti dubbi, c’è anche quello sulle balle di rifiuti da avviare al trattamento meccanico biologico (Tmb) e bruciate anch’esse. Negligenza? Casualità?
A breve, intanto, la magistratura procederà a sequestrare l’area interessata per poter eseguire rilievi e analisi tecniche. Testimonianze di persone informate sui fatti. Eventuali immagini dell’incidente. Documentazione che ricostruisca le ragioni di quanto è accaduto: tutto sarà messo a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Nel frattempo dagli uffici della Procura è partita la richiesta di una maxi perizia che faccia luce su una lunga serie di quesiti. Si tratta di ricostruire millimetricamente il funzionamento dell’impianto pesando l’operato di chi ha amministrato in questi cinque anni — da quando scattò l’interdittiva antimafia nei confronti di un socio di Cerroni — la struttura, tra le più grandi in Europa e tra le più controverse in Italia. L’esperienza acquisita in passato (tra 2016 e 2018 i magistrati hanno avuto a che fare con altri due episodi di incendi negli impianti di Rocca Cencia e Salario) potrebbe aiutare. É davvero presto per ipotizzare manovre di sabotaggio ma, ci fossero state, verranno alla luce nei prossimi mesi con i report acquisiti dagli investigatori.
La città, nel frattempo, si attrezza a fronteggiare l’emergenza nell’emergenza aprendo stazioni provvisorie di trasferenza per lo stoccaggio dei resti (Ostia, Ponte Malnome e Rocca Cencia tra i possibili), ma anche la Rida Ambiente di Aprilia potrebbe aiutare in questa fase facendosi carico di 3.500 tonnellate a settimana. L’estate è solo al principio. Vecchi metodi di smaltimento sembrano invece al loro capolinea.
Dubbi sul sistema di azionamento manuale dell’allarme (forse partito in ritardo)