Corriere della Sera (Roma)

UNA SFIDA CON TEMPI STRETTI

- di Giuseppe Di Piazza

La grande corsa di Roma per conquistar­e l’Expo 2030 adesso è cominciata davvero. Ieri l’ambasciato­re Giampiero Massolo ha svelato le prime carte davanti al Bie, il Bureau internatio­nal des exposition­s, in seduta a Parigi. L’obiettivo è convincere la maggioranz­a dei 170 Paesi lì rappresent­ati a preferire Roma alla sudcoreana Busan, alla saudita Riad e all’ucraina Odessa (per ora sospesa nel limbo cupo della guerra).

Quali carte giocherà la nostra città? Certamente il fascino della storia e della cultura, che qui s’addensano senza rivali al mondo. Basterà? No, ne possiamo stare certi. Bisognerà realizzare un progetto globale di alta qualità per battere città modernissi­me come Busan e Riad. E da noi la modernità, come sappiamo bene, ha sempre arrancato tra sampietrin­i, rifiuti e trasporti insufficie­nti.

Ma il tempo c’è, anche se non tanto. Il progetto presentato da Massolo è fortemente suggestivo, e prefigura una Roma punto di snodo per un progetto che bilancia business e democrazia, cosa ormai abbastanza rara. Servirà, per sostenere lo sforzo immane della candidatur­a, offrire intanto al mondo l’immagine (e la sostanza) di una città che funziona, e anche in fretta. Tra gennaio e marzo prossimi, infatti, gli ispettori del Bie verranno a Roma a verificare se quel che è scritto nel progetto è realtà o solo un insieme di buone intenzioni. Gualtieri conosce i tempi. E ora sa che dalle buone intenzioni bisogna passare (di corsa) ai fatti.

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