«Quando è caduto con la moto Leonardo andava a 50-60 l’ora»
I consulenti del pm e della famiglia ricostruiscono l’incidente
«Cinquanta, al massimo sessanta chilometri all’ora». È la velocità alla quale andava Leonardo Lamma il 7 aprile scorso quando è caduto con la moto e ha perso la vita a corso Francia. Lo sostengono i consulenti della Procura e della famiglia del ragazzo che ieri hanno svolto un sopralluogo ed eseguito dei rilievi sulla strada. Corso Francia è stato chiuso al traffico per mezz’ora. Cinquantacinque metri è invece la distanza tra il dosso che si era creato dopo il rattoppo dell’asfalto a conclusione dei lavori eseguiti da una ditta per conto dell’Acea.
Il dosso
Quattro metri per tre il dosso su cui il 19enne Lamma è passato prima di cadere con la moto
Un rattoppo largo quattro metri e lungo tre. Sono le dimensioni del dosso sul quale, a corso Francia, sarebbe passato Leonardo Lamma, 19 anni, perdendo l’equilibrio nell’incidente mortale con la moto avvenuto il 7 aprile del 2022. A stabilire le misure del rattoppo alla voragine che si era aperta il 27 marzo scorso per colpa della rottura di una tubatura Acea, sono stati in consulenti della Procura - Antonio Moroni - e della famiglia del ragazzo - gli ingegneri Fabrizio Ceramponi e Francesco Di Gennaro - nel corso del sopralluogo che si è svolto ieri pomeriggio all’altezza del Compro oro di corso Francia. Che è rimasta chiusa al traffico tra le 16 e le 16,30 nella corsia in direzione del centro per consentire gli accertamenti.
I consulenti hanno messo altri punti fermi. Quarantatré metri è la distanza tra il punto in cui Leonardo avrebbe perso il controllo della moto e quello in cui il mezzo si è fermato accanto allo spartitraffico, dove il 19enne ha sbattuto. Cinquanta, al massimo sessanta chilometri all’ora: sono i due estremi della forbice della velocità che avrebbe tenuto il ragazzo quando sarebbe passato sul dosso. Cinquantacinque metri è invece la distanza tra il dosso e il punto in cui si è adagiato il corpo di Leonardo.
Il 19enne, in altre parole, dopo l’impatto contro lo spartitraffico avrebbe continuato a scivolare sull’asfalto per altri quindici metri rispetto alla moto. Un’anomalia, secondo i consulenti, perché l’attrito sull’asfalto di un corpo e del mezzo meccanico sarebbe simile: pertanto andrà chiarito come sia stato possibile questo ulteriore scorrimento di Leonardo. Si tratta di un dettaglio? Oppure è un elemento essenziale per l’inchiesta? Le risposte del consulente dell’accusa, Antonio Moroni, sono attese tra la fine di luglio e l’inizio di agosto.
A svolgere i lavori per la chiusura della voragine - è emerso di recente - è stata una società incaricata dall’Acea. L’intervento, va ricordato, si è svolto sotto la supervisione del dipartimento Simu (Sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana) del Campidoglio. Per il momento comunque, benché siano trascorsi due mesi e mezzo dall’incidente, appare prematura qualunque conclusione sulla dinamica. A oggi le uni
che certezze sono le cinque testimonianze raccolte dai legali della famiglia del ragazzo, gli avvocati Antonio De Fazi e
Massimiliano Capuzzi. Tutte sono concordi nel raccontare che il giovane ha perso l’equilibrio dopo essere passato sul dosso. Poi c’è una valutazione della Procura in merito alla qualità del lavoro inerente il rattoppo, giudicato «orrendo». Infine, ci sono le segnalazioni ai vigili urbani di alcuni guidatori che avrebbero avuto dei problemi passando sopra il dosso. Tre indizi che però, per ora, non fanno una prova.
Chiusura
La corsia in direzione centro è stata chiusa 30 minuti per consentire le misurazioni