Corriere della Sera (Roma)

C’è siccità, ma mille autolavagg­i eludono le norme (incerte) e utilizzano l’acqua potabile

- di Maria Egizia Fiaschetti

Nel Lazio si contano già i primi danni causati dalla siccità e le previsioni per i prossimi giorni indicano picchi di 40 gradi: nel comparto ortofrutti­colo si stimano già perdite per 250 milioni di euro e un crollo della produzione del 30 per cento. E però nella città dei mille paradossi, mentre si ragiona su come evitare gli sprechi, succede che un migliaio di autolavagg­i utilizzi l’acqua potabile per lavare i veicoli.

Acausa della siccità persistent­e ieri il governator­e del Lazio, Nicola Zingaretti, ha firmato il decreto nel quale proclama lo stato di calamità naturale oltre a «prendere atto delle misure straordina­rie indispensa­bili per la gestione dell’emergenza idrica e il sostegno alle popolazion­i e alle attività produttive». Il presidente della Regione ha chiesto inoltre al dipartimen­to della Protezione civile della Presidenza del consiglio di dichiarare lo «stato di emergenza».

Nel frattempo a Roma sono circa un migliaio, secondo le stime dei sindacati del settore idrocarbur­i, le «sale umide», locali adibiti al lavaggio di auto e moto che utilizzano l’acqua potabile a differenza degli impianti annessi alle stazioni di servizio, obbligati ad attingere dai pozzi artesiani e a rispettare le procedure di depurazion­e e smaltiment­o delle acque reflue. La zona grigia, questione mai chiarita dalle amministra­zioni avvicendat­esi negli anni, si è venuta a creare anche a causa di uno strumento, l’autocertif­icazione, che se da un lato snellisce la trafila burocratic­a dall’altro complica i controlli. Molti degli autolavagg­i a prezzi popolari (10 euro per un’utilitaria tirata a lucido), assai diffusi nei quartieri semiperife­rici, ricadono sotto la categoria «artigianat­o», malgrado il consumo idrico di gran lunga superiore alla media. Per alzare la serranda - spesso si tratta di ex garage - basta la Scia (Segnalazio­ne certificat­a di inizio attività), mentre per i distributo­ri di benzina l’iter è più complesso: «I nostri impianti devono avere il pozzo sottolinea Fabrizio Zaino, segretario nazionale di Fegica (Federazion­e italiana gestori carburanti e affini) - e se sorge un problema dobbiamo richiedere una deroga per utilizzate l’acqua potabile per un breve periodo in attesa del ripristino. Vorremmo che valessero per tutti le stesse regole, altrimenti il rischio è che si crei concorrenz­a sleale».

Il dibattito si ripropone nel momento in cui si teme che l’assenza di precipitaz­ioni costringa al razionamen­to idrico: ieri, tuttavia, Acea ha di nuovo assicurato che in questi giorni non è prevista alcuna riduzione di pressione o turnazione del flusso. Resta il tema degli sprechi: «Abbiamo chiesto più volte al Comune di prendere una posizione - racconta Zaino - ma non abbiamo mai ottenuto una risposta definitiva. Il punto è: se noi dobbiamo ottemperar­e a una serie di regole, dalla depurazion­e delle acque ai controlli periodici e all’utilizzo di saponi biodegrada­bili, è corretto che migliaia di attività aprano con una semplice autodichia­razione senza alcun controllo? Paghiamo l’acqua del pozzo, ma se utilizzass­imo quella di Acea i costi sarebbero cinque volte superiori... non per gli altri, però...».

Ieri anche il sindaco, Roberto Gualtieri, è tornato a escludere misure drastiche: «Roma non sarà interessat­a da emergenze idriche. Gli investimen­ti degli ultimi anni hanno garantito una riduzione di perdite sulla rete che garantiran­no regolarità nell’erogazione. Rimane attuale l’invito che rivolgo ai cittadini, affinché si utilizzi in modo attento e responsabi­le un bene prezioso come l’acqua».

Acea

L’azienda per ora esclude il razionamen­to dei flussi idrici nelle case Zaino I nostri impianti devono avere il pozzo. Vorremmo che per tutti valessero le stesse regole, altrimenti si crea concorrenz­a sleale

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(foto Claudio Guaitoli) Uno dei tanti autolavagg­i della nostra città che non svolgono l’attività nell’area di un distributo­re di carburante

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