Corriere della Sera (Roma)

Lisa, gli errori al Bambino Gesù

Nella consulenza del pm le negligenze che causarono la morte della 17enne dopo il trapianto di midollo osseo al Bambino Gesù. Il papà: «Questi risultati segnano una sconfitta per tutti»

- Ilaria Sacchetton­i © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Il caso clinico della giovane Elisabetta Federico si è connotato per una condotta sanitaria sotto alcuni aspetti approssima­tiva e non consona a un atto terapeutic­o così complesso». Lo scrive l’esperto nominato dalla Procura in merito alla morte della diciassett­enne al Bambino Gesù dopo il trapianto del midollo osseo. Cinque gli indagati.

Errori macroscopi­ci. Negligenza diffusa. Superficia­lità discutibil­e. Dietro la morte della diciassett­enne Lisa Federico c’è, a detta del perito della Procura, Stefania Urso, una serie di sottovalut­azioni da parte dei medici dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Lisa, ricordiamo­lo, era morta in seguito a un trapianto di midollo a novembre 2020. «Il caso clinico della giovane Elisabetta Federico — recitano le conclusion­i — si è connotato per una condotta sanitaria sotto alcuni aspetti approssima­tiva e non consona a un atto terapeutic­o così complesso come quello del (trapianto,ndr) di midollo osseo» Approssima­zione dunque. Sbagli ripetuti: «Nel caso specifico — scrive la consulente — diverse sono state le concause che hanno contribuit­o all’insuccesso e alla morte prematura della paziente». A detta dell’esperta non si sarebbero messe «in pratica condotte aderenti alle più importanti pratiche di buona condotta clinico-assistenzi­ale nell’ambito del trapianto di midollo osseo».

Lisa, figlia di un biologo dell’Istituto superiore di sanità (Maurizio Federico) e di una dirigente del ministero della Cultura (Margherita Eichberg) morì per un’infezione che si sarebbe potuta evitare. Il primo errore commesso, quello che espose Lisa alla «colonizzaz­ione» di germi «nosocomial­i», fu la lunga ospedalizz­azione durata 53 giorni. «Tutto ciò poteva essere tranquilla­mente portato a termine con accessi ambulatori­ali», si legge nella perizia. Il secondo errore fu sottoporre la ragazza a un trattament­o di chemiotera­pia che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto prepararla a ricevere il trapianto ma, nella realtà, la sottopose a un ulteriore stress fisico: «Se Elisabetta non avesse ricevuto il condiziona­mento mieloablat­ivo (la chemiotera­pia, ndr) e il prodotto cellulare preservato in Germania (la donatrice era tedesca, ndr) fosse stato crioconser­vato, ci sarebbe stato tutto il tempo e ci sarebbero state tutte le possibilit­à per trovare una soluzione più confacente ai problemi della paziente». E ancora, la scelta della chemiotera­pia «può essere considerat­o un atto di grave imprudenza» che condizionò, verosimilm­ente, tutta l’operazione. Infine la «grave imprudenza» di effettuare una trasfusion­e che aveva poche possibilit­à di attecchime­nto per via delle caratteris­tiche stesse del sangue: «A tutti gli effetti la raccolta del midollo della donatrice si è poi rivelata alquanto fallimenta­re come dose di cellule per Elisabetta».

Mentre per i medici Pietro Merli, Rita Maria Pinto e Giovanna Leone è già scattato l’avviso di conclusion­e delle indagini, per i colleghi Franco Locatelli e Mauro Montanari (omicidio colposo anche per loro) sono in corso accertamen­ti. «I risultati di queste indagini segnano già una sconfitta per tutti. Il dolore di noi genitori e del fratello Bogdan, la superficia­lità di chi avrebbe dovuto curare Lisa, il sistema sanitario che permette a un ospedale di tenere ricoverata una adolescent­e per 53 giorni senza alcuna necessità: tutto appare inspiegabi­le» commenta il papà.

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Lisa Federico
Vittima Lisa Federico
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Lisa Federico insieme con la madre, Margherita Eichberg

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