Sanità, settemila addetti in meno
Report Cgil sul servizio pubblico nel Lazio: in 17 anni persi medici, infermieri e impiegati
Circa 7.400 dipendenti in meno - tra medici, infermieri e impiegati - rispetto al 2005, diciassette anni fa. Precari in crescita esponenziale. Senso di insicurezza diffuso sul posto di lavoro e conseguenti disservizi. Infine, un dato già noto ma oggi ulteriormente rafforzato: i tempi di attesa per gli esami diagnostici sono fuori controllo. Questo il quadro a tinte fosche del servizio sanitario del Lazio che emerge da un report della Cgil redatto utilizzando i dati del conto annuale dello Stato.
Circa 7.400 dipendenti in meno - tra medici, infermieri e impiegati - rispetto al 2005, diciassette anni fa. Precari in crescita esponenziale. Senso di insicurezza diffuso sul posto di lavoro e conseguenti disservizi. Infine, un dato già noto ma oggi ulteriormente rafforzato: i tempi di attesa per gli esami diagnostici sono fuori controllo.
Questo il quadro a tinte fosche del servizio sanitario del Lazio che emerge da un report della Cgil redatto utilizzando i dati del conto annuale dello Stato e, per il 2022, quelli delle singole Asl. Una rappresentazione aggiornata, dunque, che conferma l’emergenza dei pronto soccorso raccontata dall’inchiesta del nostro giornale: l’ultima storia in ordine di tempo ha un sapore macabro, con una paziente che, per un alluce rotto, si trova a sostare nel pronto soccorso del San Camillo e a scoprire che uno dei suoi vicini di barella era morto. Situazione sconcertante, ma i disagi non sono rari.
A incidere, a detta degli addetti ai lavori, è un dato di fatto: le condizioni di sotto organico del personale. Se nel 2005 i dipendenti a tempo indeterminato erano 54.718, nel 2022 sono scesi a 47.280.
Di contro, è schizzata la precarizzazione del personale: dalle 1.741 unità del 2015 alle 3.660 attuali. Tutto ciò nonostante nel computo vadano ricomprese le assunzioni straordinarie effettuate nel periodo di maggiore crisi della pandemia, pari a 8.500, di cui quattromila a tempo indeterminato e 4.500 temporanee. Al momento della proroga di questi rapporti di lavoro a tempo al 31 dicembre 2022, l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, aveva insistito sull’importanza della stabilizzazione: «La stagione post-Covid - aveva detto - deve essere caratterizzata da contratti a tempo indeterminato e il governo deve adottare tale riforma. È inoltre necessario rivedere il parametro della spesa del personale fermo a 17 anni fa. Una vera e propria era geologica che non ha giustificazione. Non dobbiamo disperdere queste risorse preziose per tutto il sistema ma valorizzare le professionalità acquisite eliminando la precarietà».
L’insufficienza della forza lavoro e le instabilità contrattuali, naturalmente, si riverberano sulle prestazioni. Nello scorso mese di maggio, il 32 per cento delle richieste di esami diagnostici a breve termine, ossia da effettuare entro dieci giorni, non è stato assolto entro i tempi previsti. Quasi una persona su tre, dunque, si è dovuta mettere in attesa. E per di più il dato va interpretato, come precisa il segretario della Cgil di Roma e del Lazio Natale Di Cola: «Non viene conteggiato chi, sapendo di non poter fare l’esame a breve, rinuncia e decide di rivolgersi al settore privato. Se controlliamo le liste d’attesa di oggi (il 22 giugno, ndr), il 75 per cento delle richieste di Tac all’addome viene soddisfatto. Dando un’occhiata ai numeri, emerge che ne vengono realizzate 400, ma dubito che questa sia la reale domanda in tutta la regione».
Il sindacalista sottolinea l’importanza di aumentare il numero dei dipendenti: «Occorrono diecimila assunzioni. Altrimenti, il servizio sanitario non potrà vincere le sue tre grandi sfide: l’emergenza pandemica, la riduzione delle liste di attesa e il miglioramento della sanità territoriale con le strutture del Pnrr».