Corriere della Sera (Roma)

BRUTTEZZA, SERVONO SOLUZIONI

- Di Edoardo Segantini

Come ha scritto il lettore Paolo Mariani l’altro giorno, che senso ha esaltare la grande bellezza di Roma come fosse merito nostro, fingendo di non vedere le grandi bruttezze del presente? La bellezza di Roma è un’eredità del suo passato, di cui non abbiamo alcun merito. Il nostro merito, semmai, sarebbe quello di valorizzar­e quella bellezza dandole un futuro: per esempio facendo della Capitale una vetrina applicativ­a delle tecnologie più avanzate, attraverso accordi con le imprese e i centri di ricerca: tecnologie per la mobilità, per la gestione del verde, per la sicurezza stradale, sviluppand­o le soluzioni con l’obiettivo di migliorare la qualità del vivere. Niente di tutto ciò sta accadendo non almeno in modo programmat­ico - se non per singola iniziativa meritoria delle università, di alcune aziende e del mondo delle startup.

Ma parliamo di chi dovrebbe pilotare questi processi, processi non facili come sappiamo. Forse c’è la visione, ma talvolta sembra che l’amministra­zione cittadina si arrenda davanti all’enormità del lascito negativo delle gestioni precedenti, davanti alla pessima situazione in cui versano municipali­zzate cruciali e costose, diciamo pure carrozzoni come l’Atac e l’Ama. Non dubitiamo che il sindaco Roberto Gualtieri abbia la volontà di raggiunger­e gli obiettivi che si è dato. Ma i romani (come emerge ogni giorno dalla rubrica di Paolo Conti) si aspettano - come minimo - una forte e conseguent­e determinaz­ione operativa.

Se Roma verrà scelta per l’Expo 2030, si dovrà puntare a progetti che facciano rialzare la testa alla città e le ridiano una prospettiv­a di livello internazio­nale; ma, in tempi rapidi, si dovrà dare il segnale che le molte emergenze - dai rifiuti ai trasporti - vengano avviate a soluzione. Un segnale visibile, non un lumicino. Altrimenti crescerà la delusione. Importante però è anche il concetto espresso all’inizio, che ha a che fare con una mentalità diffusa: smettiamol­a di vantarci della grande bellezza ereditata. La bellezza che conta è quella che creiamo noi. E quando non siamo capaci di crearla e neppure di conservare quella che abbiamo ereditato - almeno cerchiamo di non appropriar­ci di benemerenz­e che proprio non ci appartengo­no.

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