Corriere della Sera (Roma)

Veloccia: «Gli investitor­i esteri puntano a Roma ma la burocrazia li impaurisce»

L’assessore Veloccia (Urbanistic­a): il mondo della finanza internazio­nale mostra grande interesse per questa città. Ma mancano idee e progetti e ci sono procedure che spaventano

- Di Giuseppe Pullara

Di Antonio Pala, il suo predecesso­re degli anni ‘80 che rese pedonale piazza Navona ed eliminò il mega-parchegza gio da piazza Venezia, non ne sa nulla. Maurizio Veloccia, assessore all’Urbanistic­a in Campidogli­o, con i suoi 44 anni ci ricorda senza volerlo che al mondo tutto passa, spesso senlasciar­e traccia. Luigi Petroselli sì, quel sindaco comunista così amato dai romani, invece sa bene chi è stato. E in qualche modo - sfumato - ne rammenta il profilo politico-amministra­tivo quando parla di periferie, del rilancio del Progetto Fori e delle grandi potenziali­tà che ha Roma come uno dei centri del mondo. Veloccia si riferisce al Giubileo del ‘25, alla possibile Expo del ‘30 e anche, dopo l’indicazion­e di monsignor Fisichella, al 2033, il bimillenar­io della morte di Cristo.

«La Magliana e Corviale - dice orgoglioso mi hanno fatto le ossa come presidente di Municipio» ed è lì, forse, che la passione politica dell’ingegnere ha preso le vitamine. Ha affinato il suo standing istituzion­ale alla Regione con Zingaretti di cui prevede un futuro da ministro, sempre che la Meloni lo permetta.

Veloccia parla molto delle persone quando fa i suoi ragionamen­ti da assessore all’Urbanistic­a. «Si è tanto parlato di risanament­o delle periferie seguendo schemi teorici, procedural­i. Meno della dignità dei loro abitanti, da difendere facendoli sentire cittadini». L’assessore scorre i molti temi connessi e parla di territori «dove non ci sono fogne, strade, neppure la luce. Per non parlare dei servizi, dei collegamen­ti con il resto della città». Veloccia si mostra sorpreso e insieme desolato delle condizioni nelle quali ha ereditato la gestione della dimensione urbanistic­a della metropoli. La capacità di sorprender­si è sempre un buon segno, ma le cause dell’amarezza «civica» sono da anni sotto gli occhi di tutti.

Per esempio: Veloccia ancora si interroga su come vada risolto il problema annosissim­o dei collaudi delle opere pubbliche, comprese quelle «a scomputo» (fatte dai privati in cambio di concession­i edilizie): vie, piazze, scuole, fogne, reti tecnologic­he pronte ma che non possono andare in esercizio perché non hanno ricevuto il collaudo da parte delle commission­i comunali. «Potremmo sostituire con elementi esterni i commissari assenti come protesta per la mancanza di un bonus specifico». Che altro si può fare? Se ne discute, si cercano vie d’uscita: e intanto le opere pubbliche degradano e spesso andrebbero restaurate per assenza di manutenzio­ne. E la vicenda dei condoni? L’Ufficio è riaperto da poco dopo anni di chiusura. E la montagna di pratiche ferme? «Ormai sono circa 150 mila, ma i due terzi non hanno riscontri, forse perché i soggetti interessat­i sono morti». Trapela dall’assessore la macabra speranza che sia proprio così, e che finalmente con poche decine di migliaia di pratiche da smaltire e l’aiuto di qualche computer in più il problema del condono edilizio - scandalo nello scandalo - sia risolto.

E il futuro? «Roma ha grandi possibilit­à. Il mondo della finanza internazio­nale non aspetta altro che investire qui. Milano è una piazza ormai esaurita, ci sono enormi capitali che mostrano grande interesse per una scelta romana. Non sto parlando di manovre speculativ­e: si tratta di grandi fondi istituzion­ali a cui basterebbe­ro interessi limitati, sufficient­i per giustifica­re l’investimen­to». Allora siamo a posto: i soldi ci sono. «Ma rischiamo di perdere l’occasione. Manca la proposta su cosa fare, le idee, i progetti. E poi c’è una serie di procedure - in fondo è la burocrazia - che sembrano fatte per spaventare gli investitor­i, dirottando­li su piazze più snelle, più efficienti. In grado di mettere a reddito in duetre anni il danaro impegnato. Quando va bene, qui si parla di sette-otto anni».

Arrivando al suo incarico capitolino l’ingegnere con la passione politica ha scoperto che «Roma è una città senza numeri». «Non solo nel mio campo - denuncia Maurizio Veloccia - ma anche negli altri settori dell’amministra­zione vedo che mancano le banche dati di cui dispongono, per esempio, le grandi città europee. Ci muoviamo su idee, intuizioni, programmi che galleggian­o senza le misure fondamenta­li della società: quantità, calcoli, applicazio­ni scientific­he». I dati obbiettivi su cui muoversi, sui quali regolarsi. «È incredibil­e quanto siamo indietro. Mi chiedo perché l’amministra­zione, nel corso degli anni, non si è via via dotata degli strumenti di base per dirigere le scelte che vanno fatte sulla realtà effettiva, non presunta». Ce lo chiediamo tutti.

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L’assessore Maurizio Veloccia
 ?? ?? Abbandono L’ex fabbrica di penicillin­a in via Tiburtina, più volte occupata e sgomberata, è in stato di totale degrado
Abbandono L’ex fabbrica di penicillin­a in via Tiburtina, più volte occupata e sgomberata, è in stato di totale degrado

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