Il dentifricio? Inventato per Messalina
Il nuovo libro di Prenner sulla moglie di Claudio. Ecco un capitolo «cosmetico»
Il laboratorio di Scribonio si trovava negli ambienti seminterrati del Palazzo, ma un’apertura a Meridione lo illuminava a sufficienza nelle ore del mattino in cui lavorava di più, e lasciava spazio anche a un piccolo terrazzo affollato di erbe per le preparazioni: antidoti alle tante sostanze mortali, dei complotti o della natura, come il veleno delle vipere, farmaci per alleviare i mali di Claudio...
E inoltre cosmetici per le donne di corte, paste di cinabro per le labbra, henné per gli occhi, creme e polveri per nascondere le rughe e ravvivare l’incarnato, unguenti per la pelle del corpo, oli per i capelli ed essenze aromatiche. Ma quel giorno il cielo era scuro di nuvole dense e le torce già ardevano ai muri. Il medico era intento a scrivere nell’alone di una lucerna, curvo sul grande tavolo di quercia, sopraffatto da rotoli, carte strappate, ampolle di vetro e ciotoline di terracotta; sul pavimento qua e là foglie e polveri di erbe essiccate, e aleggiava un odore pungente da fermare il respiro, ma gradevole una volta che ci si fosse abituati.
La porta era aperta, e alla vista di Messalina sulla soglia Scribonio si alzò maldestro e lo stilo cadde in terra.
«Da quanto sei qui?» esclamò. «Non ti ho sentita arrivare.»
«Da poco. Ho bisogno della tua arte.»
Scribonio era incantato dall’Imperatrice. Ne ammirava l’ovale perfetto, l’armonia dei lineamenti, i contrasti del colorito niveo e delicatamente rosato con gli occhi e i capelli scurissimi, la proporzione delle forme, e tra i suoi tanti doveri, si era dato la missione infinitamente piacevole di esaltarne la bellezza: per lei otteneva misture esclusive e speciali. Anche la sua voce lo deliziava, benché gli rivolgesse poche parole.
«Che cosa posso fare?» domandò. «Ne sarò onorato.»
«Voglio i capelli biondi, come Livilla. Crea per me una tintura.»
Scribonio le si avvicinò e toccò i capelli, osservandone i riflessi tra il bagliore rossastro della torcia e la luce plumbea che entrava da fuori, poi tornò al suo tavolo e raccolse lo stilo.
«Stavo studiando proprio per te. Vieni a vedere.»
Messalina si avvicinò e il medico le mostrò il foglio pieno di numeri, formule e immagini accompagnate da segni.
«Che cos’è?» domandò incuriosita.
«Un dentifricio.»
La donna rimase delusa: «Per me? Ma lo uso ogni giorno! Lo usa anche mia madre, le nipoti di mio marito, lo usava anche mia nonna. È inutile, non sprecare il tuo tempo».
«A dirla tutta, ne faceva uso anche Ottavia, la sorella di Augusto, e molte altre donne del passato e di oggi. Ma questo sarà una novità, solo per te.» E prese a spiegarle, mentre lei ascoltava imbronciata:
«I dentifrici comuni sono composti da erbe, radici com
Omaggio
«Asseconderei qualunque altra donna, ma non te. La tua bellezza è perfetta» mestibili, cortecce, farine, orzo mescolato con aceto e miele, semi, sale. Alcuni rendono i denti più forti e più bianchi, con l’aggiunta di vetro trasparente tritato, come quello creato per Ottavia, e tutti vengono aromatizzati con i fiori di nardo. Ma il tuo sarà diverso! Ecco la formula, l’ho meditata a lungo e l’ho sperimentata su me stesso. Guarda!»
Messalina non capiva i calcoli e di molte parole non conosceva neppure il significato. Inoltre, Scribonio scriveva in fretta, a volte abbreviava, e non riusciva a intendere quasi nulla. Ma un disegno la colpì, tra tanti di foglie, radici e fiori: un paio di corna di cervo, tracciate con un segno più marcato degli altri. Il medico se ne accorse, e intuì la sua sorpresa: «Sì, hai visto bene, sono proprio corna di cervo! L’ingrediente segreto del tuo dentifricio. È l’unico che abbia sostanze animali, non ci ha mai pensato nessuno. Non
è stato facile, sapessi quanto ho dovuto sperimentare... non riuscivo a trovare le giuste quantità, e le corna non si sminuzzavano mai abbastanza. Poi, finalmente, l’idea: le ho fatte cuocere a lungo in una pentola mai usata prima, finché non sono diventate tutte nere, e poi ancora per tutta la notte nella stessa pentola, ma più lontane dal fuoco che intanto era diventato brace. Il mattino dopo è bastato pestarle un po’ per ridurle in cenere».
Scribonio era soddisfatto della sua trovata e sperava nell’approvazione di Messalina, almeno un cenno.
«Poi» continuò, «ho amalgamato la cenere con gocce di resina di lentisco, fino a renderla morbida e liscia, piacevole da toccare.
È una resina molto costosa, ma è la migliore. Viene dalla Grecia, dall’isola di Chio. Infine, ho aggiunto sali di ammonio. Dona ai denti un candore molto brillante, non il solito bianco. Manca solo l’aroma: che ne dici di provarne un altro, diverso dal nardo?
Pensavo alla menta, le foglie e i fiori insieme, saprà di fresco. Ti piacerebbe?»
«Io voglio solo i capelli biondi, i miei denti vanno bene così. Prepara per me una tintura.»
Scribonio rimase un istante in silenzio, ma poi esclamò: «Le orchidee... le conosci?»
«Sì, ma non mi interessano» si alterò Messalina. «Voglio la tintura bionda.»
«Le orchidee sono carnali» proseguì Scribonio, ignorando i suoi voleri, «sono i fiori della femminilità. Bianche, rosa, screziate, viola, di tutti i colori, tutte diverse, come sono le donne. Ma una è speciale, l’orchidea nera. Rarissima, preziosa, la più conturbante. Vuoi una tintura bionda... Anche se tu me lo ordinassi come mia Imperatrice, non te la darei.» Scribonio la fissava, mentre osava parole tanto irriverenti: «Asseconderei qualunque altra donna, ma non te. La tua bellezza è perfetta, la più compiuta che io abbia mai conosciuto, come se ti avessero forgiata Apollo e Venere, e quando ti guardo mi illudo che gli dèi esistano davvero, almeno quei due. Ogni artificio umano ti sminuirebbe».
Anche Messalina lo fissava, sul punto di ribattere con la severità che quell’insolente avrebbe meritato, ma non sapeva che cosa dire. Tremava. Un suddito, un uomo al servizio suo e della corte, le disubbidiva, decideva per lei, le parlava a quel modo... Avrebbe potuto metterlo a morte, bastava dirlo a Narcisso.
Invece, non parlò. Non si era mai sentita tanto bella.