L’annata record dell’olio di Roma, Rieti e Viterbo: produzione +13%
Cresce del 13% la produzione, dimezzata a Frosinone e Latina
I rincari energetici e delle materie prime non frenano la produzione olivicola del Lazio che quest’anno vola verso le 135 tonnellate di frutti: il confronto con il raccolto del 2021 fa segnare un aumento del 26%. Di conseguenza cresce del 13% anche la quantità di olio nella regione che tocca le 15 mila tonnellate. A tracciare un primo bilancio è l’associazione di categoria Confagricoltura. Non per tutte le province però sarà un’annata da ricordare: se Roma, Rieti e Viterbo salgono del 60%, Frosinone e Latina dimezzano le prestazioni.
I rincari energetici non frenano la produzione olivicola del Lazio che quest’anno vola verso le 135 tonnellate di frutti: il confronto con il raccolto del 2021 fa segnare un aumento del 26% e di conseguenza cresce del 13% anche la quantità di olio che tocca le 15 mila tonnellate. A tracciare un primo bilancio è l’associazione di categoria Confagricoltura. Non per tutte le province però sarà un’annata da ricordare. Se Roma, Rieti e Viterbo salgono del 60%, Frosinone e Latina dimezzano le prestazioni.
In regione il comparto conta oltre 80 mila ettari di terreni coltivati da 67 mila aziende, perlopiù medie e piccole imprese orientate all’autoconsumo. Quattro le varietà autoctone di origine protetta: il Canino, il Sabina, il Tuscia e il Colline pontine. L’intero tessuto economico tuttavia copre appena un sesto del fabbisogno complessivo, soddisfatto grazie a importazioni da Puglia, Calabria, Sicilia, Spagna e Nord Africa. «Occorre investire in nuovi campi intensivi e tecnologicamente avanzati – afferma Pierluigi Silvestri, presidente sezione olivicola laziale di Confagricoltura –. Anche il reperimento della manodopera è un problema: molti ex stagionali percepiscono il reddito di cittadinanza e non si fanno assumere».
Altra tegola il caro bollette, soprattutto per i 300 frantoi locali incaricati della molitura della materia prima. Il proprietario di un impianto moderno dalla potenza di 100 kilowatt spende fino a 8 mila euro al mese per lavorare 300 quintali di olive al giorno. «Parliamo di macchinari a ciclo continuo – spiega Paolo Mariani, presidente Assofrantoi –. A questi prezzi le realtà a gestione familiare non ricevono il giusto compenso. Gli introiti bastano appena per coprire le spese. Se sospendessero l’attività, perderebbero di colpo il giro d’affari».
In piena inflazione c’è chi educa i consumatori del futuro. È la società cooperativa agricola «Guidonia Montecelio», che ogni anno trasforma 10 mila quintali di prodotti raccolti dai suoi 400 clienti, soci e non soci, in maggioranza pensionati e piccoli imprenditori. L’azienda sociale tramanda agli alunni delle scuole cittadine la passione per gli ulivi. «Accogliamo le classi nei poderi e facciamo sperimentare gratuitamente a bambine e bambini il piacere di stare a stretto contatto con la natura – spiega Fabio Pirro, direttore della cooperativa associata Saca –. Molti non hanno mai fatto esperienza della campagna e noi li coinvolgiamo in tutte le fasi, dalla brucatura fino alla degustazione di una buona bruschetta».