Dybala: «Ci vuole più personalità»
A Dybala sono bastati 20 minuti per riprendersi la Roma. Il rientro in campo di Paulo - immaginato da molti come una passerella - si è rivelato decisivo per cambiare le sorti dell’ennesima gara approcciata dalla Roma con troppa mollezza. Forse sarebbe più corretto dire «l’altra Roma». Perché il pareggio con il Torino ha messo in chiaro il concetto che Mourinho va ripetendo da settimane: la presenza della «Joya» è indispensabile per far esprimere meglio la squadra.
Una presenza fondamentale di cui lo Special One ha dovuto fare a meno per 35 giorni. «Volevo giocare - spiega
Paulo - ho parlato con il mister e gli ho detto che ero a disposizione». Il suo ingresso ha restituito coraggio alla squadra e caricato lo stadio. A fine partita però, l’attaccante è il primo a sottolineare quando la Roma debba ancora crescere: «Non possiamo aspettare che accada qualcosa per accenderci. Dopo il gol abbiamo iniziato a giocare un po’ di più, nel primo tempo abbiamo cercato tantissimo la palla lunga ma loro hanno marcato a uomo e lo abbiamo sofferto. In generale dobbiamo avere più personalità di giocare, di avere la palla e di chiederla, senza paura». Non ha tirato lui il rigore che si era procuraproblema». to nel finale del match, nonostante fosse lui il rigorista, ma l’ex granata Belotti. Spiega Dybala: «A volte la decisione è una questione di pochissimi secondi, io ho alzato la testa e Belotti aveva la palla in mano. Lui se la sentiva di calciare e io l’ho lasciato. Per me non c’è Parole da leader, come quelle spese sul caso Karsdorp: «Quando è successo io non c’ero. Ho parlato con i miei compagni ma certe cose devono restare nello spogliatoio. Siamo un gruppo unito, dobbiamo rimanere insieme. Saremo vicino a qualsiasi compagno».
Lasciato l’Olimpico insieme alla fidanzata Oriana Sabatini, Dybala si è diretto a Fiumicino, per volare in Qatar e raggiungere il ritiro dell’Argentina per iniziare a preparare il Mondiale. Nei prossimi giorni verrà raggiunto dal resto della famiglia.
Ho alzato la testa e Andrea aveva la palla in mano. Lui se la sentiva di calciare e ho detto okay, per me non c’è problema