Due anni di carcere per la morte in moto di Elena su una radice
Condannato il responsabile delle ditta che aveva la manutenzione dell’Ostiense Sette rinvii a giudizio, sei sono funzionari del Simu comunale: processo a giugno 2024
Con la condanna a due anni di reclusione per omicidio stradale di Alessandro Di Carlo - addetto alla sorveglianza dei lavori nel X Municipio per la ditta Esgra vincitrice dell’appalto per la manutenzione stradale - si chiude il primo capitolo del procedimento sulla morte di Elena Aubry, la 26enne deceduta il 6 maggio del 2018 sulla via Ostiense per aver perso il controllo della moto a causa di una radice mai rimossa. La sentenza è stata pronunciata al termine del rito abbreviato, con l’accoglimento della richiesta del pm Laura Condemi. «È un primo passo verso la verità e verso la consapevolezza dell’importanza della manutenzione delle strade per prevenire incidenti mortali», ha detto Graziella Viviano, mamma di Elena. Solo il 24 giugno del 2024 si aprirà invece il secondo capitolo giudiziario della tragedia: in quella data comincerà il processo a sei funzionari del dipartimento comunale del Simu (Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana) rinviati a giudizio dal gup con l’accusa di concorso in omicidio stradale. Sul banco degli imputati siederanno innanzitutto gli ultimi due capi del Simu, Roberto Botta e Fabio Pacciani. Oltre ai vertici del dipartimento, è finito sotto processo anche Francesco Campagnoli, pure lui dirigente del Simu, responsabile manutenzione ordinaria del lotto sei della Grande viabilità. Il rinvio a giudizio è stato disposto pure per tre funzionari municipali: Paolo Fantini, direttore dei lavori, ufficio manutenzione e pronto intervento del X Municipio; Nicola De Bernardini, direttore tecnico dello stesso X Municipio; Marco Domizi, responsabile della manutenzione stradale, sempre a livello municipale. C’è, infine, un settimo imputato finito a processo: Fabrizio Pennacchi, responsabile legale della Esgra, ditta affidataria dei lavori di manutenzione.
Il cuore della accuse della Procura si concentra intorno alla necessità di chiudere ai ciclomotori via Ostiense all’altezza del km 25,500. Il provvedimento si sarebbe reso indispensabile - secondo il pm per via della presenza di buche e gibbosità che avrebbero reso pericolosa la strada. Divieto che però non è mai stato disposto dal Simu nè promosso dal Municipio, finendo in questo modo per creare le condizioni della tragedia. Tuttavia la chiusura della strada avrebbe rappresentato l’estrema ratio. Infatti i dirigente avrebbero dovuto prima
L’accusa
Secondo il pm, doveva essere inibita la circolazione di moto e scooter sull’arteria di tutto curare la prevenzione della sicurezza attraverso la manutenzione ordinaria e straordinaria di via Ostiense, mirando a rimuovere gibbosità e buche. Iniziative mai adottate. Con la conseguenza che la mattina del 6 maggio del 2018 Elena è alla guida della sua moto e cade dopo essere passata su una radice, pur avendo tenuto una «condotta di guida cauta nel rispetto dei limiti di velocità». Un testimone racconterà agli inquirenti: «Elena se l’è mangiata la strada”, quella via Ostiense disseminata di radici e avvallamenti.