Pamela, la madre al Quirinale: «Voglio giustizia»
Colloquio con un consigliere di Mattarella. Il timore che cada l’aggravante della violenza sessuale
Colloquio al Quirinale per Alessandra Verni, mamma di Pamela Mastropietro. L’agghiacciante parabola della diciottenne stuprata e uccisa a Macerata nel gennaio 2018 sarà di nuovo ripercorsa dai giudici della Corte d’Appello di Perugia domani quando si aprirà il processo bis nei confronti di Oshegale per il quale potrebbe cadere l’aggravante della violenza sessuale che in due gradi di giudizio ha determinato l’ergastolo nei suoi confronti.
La mattina al Quirinale di Alessandra Verni, mamma di Pamela Mastropietro, abusata, uccisa, smembrata a diciotto anni, potrebbe, in futuro, servire a migliorare alcune norme a beneficio di famiglie che hanno sperimentato lo strazio di una perdita. Tra le tappezzerie istituzionali, ricevuta da un consigliere del presidente Sergio Mattarella, Verni ha potuto chiedere e proporre, confidarsi e sperare che la notte di Macerata, col suo carico violento, non si ripeta più.
Il 28 gennaio 2018 Pamela sfuggì a una comunità terapeutica a doppia diagnosi, dove curava patologie psichiatriche importanti, scontando anche gli effetti di una lunga tossicodipendenza. Sola, senza un soldo, venne caricata da uomini che ne abusarono senza pagarne le conseguenze (da indagati furono archiviati per mancanza di una querela di parte che, ovviamente, non poteva arrivare: Pamela era morta) fino a imbattersi nel tipo che l’avrebbe uccisa, il pusher nigeriano Innocent Oshegale. Drogata, violentata, quindi uccisa e fatta a pezzi poi stipati in un trolley.
L’agghiacciante parabola di Pamela sarà di nuovo ripercorsa dai giudici della Corte d’appello di Perugia domani (giusto in prossimità della giornata che ricorda le donne vittime di violenza, venerdì 25) quando si aprirà il processo bis nei confronti di Oshegale per il quale potrebbe cadere l’aggravante della violenza sessuale che in due gradi di giudizio ha determinato l’ergastolo nei suoi confronti. «Mi auguro che venga confermato il massimo della pena» fa sapere lei, la mamma di Pamela più che mai determinata a ottenere giustizia. In una lettera inviata a Mattarella nei giorni scorsi aveva chiesto di essere ricevuta e aveva sottoposto due questioni ai suoi interlocutori. La prima riguarda le norme che regolano l’ospitalità in una comunità terapeutica e che, a detta della famiglia di Pamela, spesso sono poco più stringenti «di quelle di un hotel». Nel corso degli esami autoptici, fanno sapere ancora una volta i familiari, i capelli della ragazza rivelarono tracce di droghe: sostanze che risalivano, con ogni probabilità, agli ultimi mesi di ospitalità nel ricovero terapeutico. Parte civile al processo nei confronti di Oseghale la mamma è sempre stata convinta che i vertici della comunità abbiano commesso «negligenze» e, nel suo colloquio al Quirinale, è tornata ad affrontare il tema. La seconda questione è quella di discutere sulla procedura che accompagna le querele in caso di stupro-omicidio.
Dal caso Mastropietro derivò la vicenda di Luca Traini che, pochi giorni dopo quel 29 gennaio, impugnò una Glock contro i «neri» d’Italia, tentando una strage e ferendo sei immigrati.