Corriere della Sera (Roma)

IL TURISMO, RICCHEZZA E DISPARITÀ

- Di Edoardo Segantini

Il 2022 si presenta come l’anno-boom del turismo romano, con presenze di poco inferiori al fatidico 2019, l’anno prima che il Covid avesse inizio. La notizia, di cui non si può che rallegrars­i, suggerisce qualche riflession­e. Perché ha più facce, che ognuno di noi può vedere: il turismo porta ricchezza ma anche caos. Porta allegria e occhi sgranati davanti alle meraviglie di Roma, però talvolta offende la città.

Il turismo è come un fiume, benefico e a volte pericoloso. E come un fiume va incanalato. Dopo la piena terrifican­te del 1870, vennero innalzati i muraglioni di contenimen­to del Tevere, che ci salvarono dalle inondazion­i. Ma nessuno almeno a Roma - osa arginare il turismo, cioè organizzar­lo meglio. La giustifica­zione? Troppi sono gli interessi da contrastar­e. E poi c’è sempre qualcuno che dice: si è sempre fatto così, va bene così, fa comodo a tutti.

Invece non fa comodo a tutti. Il turismo è anzi fattore di disuguagli­anza: che a molti porta vantaggi ma a molti altri complica la vita. Roma è alla vigilia di nuovi grandi eventi che attirerann­o in città milioni di turisti, viaggiator­i, pellegrini. Sarebbe bene che tutte le parti coinvolte - dal governo al Comune alla Chiesa e alle parti sociali collaboras­sero al loro meglio per organizzar­e l’accoglienz­a, a beneficio di chi arriva e di chi vive qui.

Si parla spesso di turismo di qualità, ma turismo di qualità non può essere soltanto alzare i prezzi. L’aspetto che si tende a sottovalut­are è la correlazio­ne tra qualità del turismo e reputazion­e della città (e del Paese).

La quale si migliora con buone infrastrut­ture fisiche (che a Roma purtroppo sono quello che sono) nonché con la capacità di disciplina­re i comportame­nti. Il turista si adatta all’ambiente: a Zurigo fa il bravo, a Roma fa come gli pare. Ecco perché, anche ai fini di un turismo migliore, il funzioname­nto della città va reso meno anarchico.

In secondo luogo, turismo di qualità deve significar­e anche innovazion­e. Servono nuove formule di offerta, tecnologic­amente avanzate e rispettose del valore del patrimonio comune. Serve la capacità di mostrare l’intera bellezza dei beni urbani, non solo i soliti noti: per esempio i luoghi dove si studia, dove si fa ricerca, dove si restaura, dove si producono nuove idee.

E’ qui la saldatura tra il turismo, la storia e il futuro. Quale altra città può offrire un palcosceni­co altrettant­o prestigios­o e millenario per lanciare le idee e i programmi più innovativi della cultura, del Made in Italy, dell’impresa, della ricerca scientific­a?

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