A Roma solo 150 ambulanze
I mezzi sono pochi (e vecchi) per una metropoli con 2,8 milioni di abitanti
Ogni giorno decine di ambulanze (10, 20, 30 o anche di più) restano bloccate nei pronto soccorso di Roma e Lazio. L’effetto è deleterio per il sistema Ares 118, l’azienda che gestisce e organizza la rete di urgenza ed emergenza. I mezzi sostano davanti agli ospedali in attesa di riguadagnare le rispettive postazioni, pronti per un nuovo viaggio. I cittadini che compongono le tre cifre, oggi il numero unico 112, rischiano così di aspettare troppo prima di avvertire il rassicurante suono della sirena riecheggiare sotto casa. Risaliamo all’origine di questa indisponibilità. A capo della centrale di via Portuense, dietro il San Camillo, c’è una donna, Lucia Di Vito.
Ogni ambulanza ha la sua barella che viene agganciata a una piastra all’interno dell’abitacolo dello specialissimo
in quanto mancano posti disponibili in strutture alternative, come riabilitazione, residenze sanitarie Rsa, hospice, vari tipi di lungodegenza.
Le inefficienze e i punti critici del sistema di emergenzaurgenza sono stati analizzati in precedenti inchieste del Corriere della Sera. La risposta all’interrogativo (come mai ogni giorno decine di ambulanze restano bloccate davanti ai pronto soccorso?), può essere sintetizzata così.
La ripartenza
Tutto il sistema continuerà inesorabilmente ad andare in corto circuito se non lo si riorganizza in modo radicale, correggendolo nel suo insieme. In altre parole. Non basta acquistare più barelle, più ambulanze o aggiungere posti letto in ospedali e strutture extraospedaliere se poi mancano medici, infermieri, personale sanitario, sicurezza dei lavoratori garantita magari da posti di polizia. E se manca il filtro dei servizi territoriali.
Già direttore del 118 in Toscana, una lunga esperienza, anestesista, Lucia De Vito segue l’andamento dei soccorsi primari nei 5 monitor disposti a ventaglio sulla scrivania. Mentre le parliamo (mercoledì 17 novembre alle 11.30) le richieste di intervento «a vari stadi» sono 254.
Pochi mezzi (e vecchi)
Le ambulanze gestite dall’azienda romana sono 150 (250 in Regione), il 65% di proprietà di Ares (in genere Fiat Ducato appositamente allestiti) il resto di enti di volontariato (Cri, Misericordia, Pubblica assistenza) o noleggiate da privati con contratti
di convenzione. L’obiettivo «è avere tutti i mezzi di nostra proprietà, per migliorare il servizio. La gestione diretta di ambulanze e personale è vincente». Il parco auto è in corso di riammodernamento con l’acquisto di 30 nuovi mezzi, alcune gare sono in fase avanzata e prima saranno disponibili meglio sarà. Le ambulanze prese quattro mesi fa hanno già percorso 60mila chilometri, altre sono molto più vecchie.
Gli equipaggi del Lazio sono composti da autista, infermiere e a volte barelliere. I medici, se necessario, intervengono in auto super accessoriate (ventilatore, aspiratore, defibrillatore, elettrocardiografo, zaino di soccorso, frigo dei farmaci), con infermiere a bordo. Non c’è autista. Al volante uno dei due, formati con un corso di guida sicura. Le centrali operative sono tre. Otre a quella di Roma cui compete tutta la provincia tranne Civitavecchia, Rieti (Viterbo, Civitavecchia) e Lazio Sud (Latina, Frosinone).
Il bilancio
Da gennaio a ottobre 2022 Ares Lazio ha accompagnato in pronto soccorso oltre 260.500 persone. A loro si aggiungono 11.600 cittadini trattati sul posto senza trasporto, 34 deceduti in ambulanza, 6.230 trovati morti per un totale di 394.000. La prima causa di intervento sono traumi, a seguire infarto, problemi respiratori e neurologici.
Due cittadini su 10, una volta raggiunti dai sanitari e rassicurati, preferiscono restare a casa, rifiutando il ricovero. Difficile riportare i tempi di attesa medi. Dipendono dal codice di gravità assegnato in base al triage telefonico (rosso, giallo, verde, bianco).
Per evitare inutili perdite di tempo e contribuire al buon funzionamento di un servizio essenziale, Di Vito catechizza gli utenti: «Non siamo un 3570 eppure qualcuno ci scambia per taxi. Le visite domiciliari non sono di nostra competenza ma dei servizi territoriali. Le ambulanze non si muovono su raccomandazione, partono in base al colore assegnato».
Eppure c’è chi contatta la centrale per un ginocchio sbucciato, una caviglia slogata, gli auricolari incastrati nell’orecchio. Quando l’urgenza di un intervento è giustificata, dalla sala operativa parte l’input per l’invio di un mezzo. Gli angeli del soccorso saltano a bordo. È un’emozione vederli partire.