Corriere della Sera (Roma)

Yacht, la produzione nel Lazio fa più 31%

Sei miliardi di euro di fatturato per i cantieri nautici della regione. I 27mila addetti

- Di Antonio Macaluso

Recita un proverbio africano che se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante. Non diversamen­te dalle formiche, se le centinaia di aziende piccole e grandi che a diverso titolo operano nella nautica nel Lazio fossero organizzat­e a «sistema», il beneficio dei singoli operatori e dell’economia regionale nel suo complesso sarebbe di dimensioni rilevanti. Creare un bacino nautico organizzat­o, una filiera che vada dai cantieri di costruzion­e al refitting, al rimessaggi­o, all’ormeggio, al noleggio, al sistema integrato di servizi e prodotti commercial­i, al turismo legato al mare, significhe­rebbe moltiplica­re le capacità di un settore che è ormai alfiere del miglior made in Italy. Se pensiamo che il nostro Paese è leader praticamen­te in tutti i segmenti del comparto, componenti­stica compresa, e che la classifica mondiale dei produttori di yacht oltre i 24 metri vede ai primi 3 posti tre gruppi italiani – Azimut/Benetti, Sanlorenzo e Ferretti – viene spontaneo chiedersi perché il Lazio sia tutto sommato residuale in questo sistema. Una Regione con 361 chilometri di costa per oltre 17 mila chilometri quadrati che «ospita» la Capitale del Paese, forte da sola di quasi tre milioni di abitanti e con un formidabil­e flusso turistico, non può restare ai margini di un settore che quest’anno vanta la maggior crescita produttiva, con un più 31%.

Il valore della produzione ha superato i 6 miliardi con 27 mila addetti diretti (in crescita del 10%) e 190mila nella filiera. L’export vale 3,370 miliardi, con cantieri che arrivano a vendere sui mercati del mondo fino al 95% delle loro barche.

In questo contesto, non sarebbe il momento di ripensare il modello di offerta della nautica laziale, cercando finalmente di creare quel bacino del quale finora si è solo (e poco e senza idee e con scarsa convinzion­e) parlato? Anche perché la nautica è solo una voce dell’economia del mare, sistema complesso e concatenat­o che contribuis­ce in maniera importante al Pil del nostro Paese.

La blue economy è ormai una sfida a livello mondiale per ripensare in chiave «pulita» il rapporto con mare, laghi, fiumi e una regione come il Lazio dovrebbe essere una sorta di motrice di questo movimento. Liguria, Toscana, Campania sono le regioni dove la nautica vanta storicamen­te presenze importanti, ma anche il Veneto si è mosso bene e il Salone nautico di Venezia è in crescita.

Perfino a Bologna – che non vanta certo una tradizione marinara – c’è un Salone nautico e molti sono le iniziative di settore sparse al Sud. Oltre all’appuntamen­to clou di Genova, insomma, è un fiorire di iniziative legate al mare. E il Lazio?

Eccellenze come il cantiere Rizzardi a Sabaudia – noto nel mondo per i suoi yacht dal cuore sportivo e che annovera anche marchi storici come Italcraft e Posillipo – avrebbero diritto a un sostegno che non c’è. E ci sono cantieri come Heaven di Fiumicino, che produce gommoni ben noti agli appassiona­ti del genere, o C-Catamarans (sempre a Fiumicino) che si è ormai imposto con i suoi catamarani, anche a motore. Tre esempi per il mondo della costruzion­e di barche e gommoni, accanto ai quali figurano decine di aziende che operano nel refitting e rimessaggi­o, senza contare i porti turistici piccoli e grandi con il loro sistema di servizi e indotto.

Viene da chiedersi perché in tanti anni le amministra­zioni che si sono succedute non abbiano mai studiato un piano per attirare – garantendo sostegni e facilitazi­oni anche burocratic­he – cantieri nuovi o che, di base in altre aree, hanno aperto siti produttivi anche distanti dalla casa madre. Si dirà che non tutto è perduto e che – nel momento in cui la nautica vive una stagione di grande sviluppo – si possono sfruttare nuove occasioni. Ma bisogna usare la testa. E la testa, scherzava Rita Levi Montalcini, «c’è chi la abbassa, chi la nasconde e chi la perde. Io preferisco chi la usa». Appunto.

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