Market Castoro, sotto inchiesta il patron per truffa e reati societari
Chiaretti denunciato dalle nipoti: le avrebbe costrette a vendere le quote della società
Giancarlo Chiaretti, 76 anni, patron di un impero nel settore alimentare con 14 supermercati riconducibili al marchio Castoro, è indagato con l’accusa di aver truffato le due nipoti, Alessia e Annalisa, svalutando il patrimonio ereditato dal padre Alberto, suo fratello, per entrarne in possesso a cifre (molto) inferiori al loro reale valore. Che per le due nipoti è di 14 milioni, mentre lo zio lo stima solo 4.
Le manovre - che hanno spinto la Procura a indagare il patron anche per reati societari - vedono le sorelle soccombere, essendo costrette a lavorare come commesse nei punti vendita del gruppo. Oltre a Chiaretti, insignito nel 2013 del titolo di cavaliere del commercio dal sindaco Gianni Alemanno, è indagata dal pm Giovanni Bertolini anche Cristina Fara, revisore legale, che avrebbe concorso nella truffa.
La scontro tra zio e nipoti, secondo Annalisa, 48 anni, e Alessia, 50, ha inizio nel 2012, quando muore il papà Alberto. Le due donne subentrano nella posizione del padre nella società Casal, divisa fino a quel momento a metà tra i fratelli Chiaretti. La Casal è, all’epoca, proprietaria di 4 supermercati (uno sulla Casilina, due a Torpignattara e un altro sulla Prenestina) e tre magazzini, ha la disponibilità del marchio Castoro (creato dai Chiaretti) ed è beneficiaria delle agevolazioni del consorzio Cedi Gros, tra cui l’acquisto di prodotti romani a prezzi ridotti. Tuttavia, come le sorelle riconoscono nella denuncia redatta dall’avvocato Carlo Taormina da cui nasce l’inchiesta, né l’una né l’altra hanno la solidità economica e le competenze amministrative per tenere testa a Chiaretti, divenuto amministratore unico della Casal. Le due sorelle, all’epoca, lavorano come commesse nel punto vendita a via dell’Acqua Bullicante, con paga sindacale, arrotondando qualcosa con la divisione dei premi della società a fine anno. Una sproporzione di forze sfruttata dallo zio, al comando con la Gillas di altri 10 supermercati. Il primo passo della presunta truffa è datato 2015, quando Chiaretti apre, con la Gillas, un supermercato in via Gattamelata, distante 500 metri da quello della Casal in via Luchino del Verme, a Torpignattara. Il nuovo negozio è grande 700 metri quadri, quello della Casal è 3 volte più piccolo. Nel 2017 quest’ultimo chiude, perché il fatturato precipita, anche per via del concorrente «in famiglia». A quel punto, secondo l’accusa, Chiaretti spinge le due nipoti a vendere le quote detenute dalla Casal nel consorzio Cedi Gros, adducendo problemi di liquidità. Chi è l’acquirente? La Gillas. Intanto Alessia viene spostata dallo zio al supermercato sulla Prenestina, distante 13 chilometri da casa sua. L’ultima mossa di Chiaretti è mettere le nipoti davanti a un bivio. O cedergli la Casal per 4 milioni o divenirne proprietarie. Passo impossibile quest’ultimo per le sorelle. Che, seppure in difficoltà economiche, non vogliono cedere la Casal a cifre basse. Così denunciano lo zio.