Corriere della Sera (Roma)

Messaggi, slogan e derby vinti: l’«orso» Sarri ammalia la Lazio

Tifo in estasi, il tecnico ieri a una radio: «Noi felici pochi, noi manipolo di fratelli»

- Elmar Bergonzini

Chiuso, abbottonat­o, un po’ ruvido, perfino orso. Maurizio Sarri viene spesso descritto così, anche perché poco aperto con la stampa, poco compatibil­e con il mondo moderno, poco interessat­o alle questioni che rimandano al gossip. Eppure l’allenatore della Lazio dimostra, da tempo, di vivere di emozioni, di avere grande empatia, di essersi immerso nel mondo biancocele­ste. Dopo il derby perso 3-0 l’anno scorso ha sofferto a tal punto da pensare perfino di dimettersi. Sapeva che per il popolo laziale quella era un’umiliazion­e, ed era arrabbiato perché la squadra non aveva interpreta­to nel modo corretto una partita così sentita e così importante.

L’estate scorsa, durante il ritiro ad Auronzo, il tecnico è intervenut­o in diretta in una radio privata romana urlando «forza Lazio sempre». Nel derby di andata, priva di Immobile e Milinkovic-Savic, la squadra ha lasciato il pallino del gioco alla Roma, cosa che va contro il credo calcistico di Sarri. Eppure l’allenatore aveva preparato la partita così: «L’obiettivo era solo di rendere felice il pubblico», disse. Poi la vittoria nel derby di ritorno. «Questo successo dà grande soddisfazi­one a noi e ai tifosi, che è la cosa più importante. Vale molto più dei 3 punti conquistat­i». Durante la sosta Sarri si è nuovamente palesato alla radio privata, mandando un messaggio vocale. «Noi pochi, noi felici pochi, noi manipolo di fratelli».

Non una frase qualsiasi. Il tecnico ha voluto fare un riferiment­o chiaro alla scenografi­a esposta dalla curva Nord domenica scorsa durante il derby: in particolar­e allo striscione con il quale i laziali hanno citato l’Enrico V di Shakespear­e e al discorso nel giorno di San Crispino, quando gli inglesi, benché fossero molti di meno, ebbero la meglio sull’esercito francese nella battaglia di Azincourt.

Questo perché i romanisti si vantano sempre di essere più numerosi, ma per la tifoseria biancocele­ste l’inferiorit­à numerica non è motivo di vergogna, bensì di vanto.

Sarri lo ha capito e, di tanto in tanto, manda un messaggio chiaro ai tifosi per irrobustir­e sempre di più il rapporto. Per dimostrare di aver capito cosa sia la fede verso questo club. Come quando parlò dello stadio Flaminio, affermando che «prima di smettere di allenare il mio sogno è giocare la prima partita della Lazio in quell’impianto, con il nome dello stadio intitolato a Tommaso Maestrelli». Frasi, gesti e attenzioni che non sono da uomo chiuso, ruvido o abbottonat­o. Ma da innamorato. Di Lazio.

Feeling

L’allenatore ha fatto riferiment­o alla scenografi­a della curva Nord di domenica scorsa

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Maurizio Sarri esulta dopo il fischio finale del derby vinto dalla Lazio per 1-0 domenica scorsa

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