Trenta miliardi di risparmi nonostante l’inflazione
Bilancio di 3 anni nella regione della Federazione autonoma bancari (Fabi)
Nonostante l’inflazione le famiglie laziali sono riuscite a a risparmiare, accumulando l’11,4% in più negli ultimi tre anni. A riportarlo la Fabi, il sindacato dei bancari. L’aumento ha portato il totale delle riserve da 241,7 miliardi a 269,2. In particolare i conti correnti contengono oggi quasi 121 miliardi di liquidità, il 10,5% del dato nazionale.
Meglio fa solo la Lombardia con il 20,4%. Queste risorse però non vengono valorizzate adeguatamente dagli istituti di credito. In regione su 5mila euro viene corrisposto un rendimento medio di appena 13 euro l’anno. La forbice dei tassi locali va dallo 0,26% per salvadanai sotto i 50mila euro allo 0,86% per quelli sopra i 250mila. Percentuali che, per quanto di molto inferiori al caro vita, sono le terze più alte del Paese. «Le differenze dipendono dai costi di gestione e dai rischi d’impresa caratteristici di ciascuna zona d’Italia – afferma Emanuele Amenta, di Fabi Roma –. Da anni ci battiamo per una maggiore remunerazione, ma le banche preferiscono applicare premialità minime invece di offrire condizioni più competitive rispetto alla concorrenza. Ecco perché sta crescendo il ricorso a strumenti più redditizi come azioni e titoli di Stato, saliti del 25,5% dal 2021».
E qui entrano in gioco i consulenti finanziari. «Non confondiamo funzioni di pagamento con quelle di investimento – sottolinea Luigi Conte, presidente dell’associazione di categoria Anasf (consulenti finanziari) –. Dal nostro punto di vista è meglio lasciare in giacenza quanto basta a coprire poco più dei consumi medi. Il resto andrebbe impiegato in prodotti dalla resa migliore. L’importante è avere chiari in testa gli obiettivi di breve, medio o lungo periodo che si vogliono raggiungere. Altrimenti si rischia di incorrere in fenomeni poco ragionati come la compravendita selvaggia dei titoli di Stato di questi mesi. La scelta peggiore però è quella di non scegliere e consentire ai rincari di erodere il potere d’acquisto».
Il disorientamento è tale che, pur sapendo di andare incontro a un futuro previdenziale complicato, gran parte dei millenials non sta investendo in una pensione integrativa. «Se anche l’inflazione tornasse a livelli di guardia, attorno al 2%, 100mila euro tra 10 anni varranno come 70mila di oggi – spiega Valerio Marchetti, area manager del Lazio della banca Fineco –. Nulla che non sia già accaduto in passato. Tuttavia occorre avere coscienza del contesto economico in cui ci muoviamo. Tanti clienti chiedono la sicurezza del capitale e un rendimento certo. Un approccio che tradisce quanto sia ancora poco diffusa l’educazione finanziaria».