Kula Shaker, nd rock resistente
La band britannica sarà in concerto martedì all’Orion con i brani del nuovo «Natural Magick». «È un disco guidato dall’energia che si crea quando suoniamo»
IKula Shaker non hanno intenzione di far spegnere la fiamma del rock. Da più di trent’anni sul palco, la band londinese guidata da Crispian Mills, resta fedele a se stessa: devota alle chitarre psichedeliche, ai ritmi spezzati e percussivi.
Con il tour — partito il 22 aprile dal Regno Unito — arriverà martedì sera all’Orion di Ciampino. Una doppia festa che coincide con il ritorno del tastierista Jay Darlington, dopo anni di assenza impegnato con gli Oasis (riunendo così la formazione originaria) e l’uscita, lo scorso febbraio, del nuovo album Natural Magick, il settimo in studio. Voluto, cercato per recuperare quella scossa magica che mancava da qualche tempo e trascinare i fan in melodie forti e ritornelli da inno.
«Questo capitolo nella vita della band è fortemente guidato dall’energia che si crea ai nostri concerti e dalla connessione che si instaura con il pubblico», spiega il frontman dall’impeccabile caschetto biondo, figlio dell’attrice Hayley Mills e del regista Roy Boulting, e nipote di sir John Mills, monumento della scena teatrale inglese. «È molto simile al modo in cui abbiamo registrato K — aggiunge il cantante e chitarrista —. Quando avevamo solo mezz’ora di tempo per stupire la gente e registravamo gran parte dell’album in tour tra uno show e un altro».
Canzoni che trasudano energia e dal suono inconsueto. Un marchio di fabbrica che li ha caratterizzati fin dagli albori, a metà strada tra rock dal retrogusto psichedelico, misticismo indiano e armonizzazioni vocali pop.
La scaletta del concerto raccoglie il meglio del repertorio tra passato e presente, con tutti gli ultimi inediti: dall’euforico Waves a Indian record player fino alla romantica ballata Give me tomorrow. Non mancheranno i classici della band Govinda e Tattva sul tema della verità eterna, con le strofe cantante in sanscrito e note suonate col sitar e Hammond. Evergreen pubblicati nel loro primo, folgorante, disco K, intriso d’idee filosofiche, spiritualità indiana e sonorità orientali, che nel 1968 avevano già rapito i Beatles, specialmente il meditativo George Harrison. E ancora l’irresistibile Hey Dude ,un manifesto alla gioia, Sound of drums, l’adattamento di un antico mantra, Infinite Sun o la sontuosa Great Hosannah.
Diventati famosi, poco più che ventenni, come gruppo esotico alternativo in quella metà anni Novanta, in cui impazzava il britpop degli Oasis, dei Blur e si affacciavano le scatenate Spice Girls.
Oggi da cinquantenni in forma, non hanno perso il loro spirito libero, primordiale. Fuori dalle mode, dall’ossessione dei numeri uno in classifica, i Kula Shaker confermano un approccio sicuramente old school (anche in fatto di strumenti). Autenticità al comando e un modo di intendere la musica, e la vita, come arte che sfida le convenzioni.
Tra alterne fortune, dichiarazioni politiche fuorvianti pronunciate ai tempi da Mills, uno scioglimento nel 2000 e la réunion, si sono ritrovati. E mistici resistono.