Un attore spicca il volo lungo la facciata di un palazzo
Un uomo sulla sessantina cammina per le vie di New York. Ha l’aria tirata, trasandata. È spinto da una voce che lo sprona a combattere, a ritrovare la gloria ormai dimenticata. È il passato da cui non si è mai riuscito a staccare. È la voglia di sentirsi amato, la celebrità che lo eleva oltre il vissuto quotidiano. La macchina da presa è sul suo viso e scende a inquadrarlo dal basso, rendendolo imponente ai nostri occhi, quasi fosse un supereroe. La scena prosegue e ci svela l’inganno ottico: vediamo le sue gambe, le suole delle sue scarpe. Non è il nostro punto di vista che è sceso, ma lui che sta spiccando il volo verso l’alto, che sale verticalmente lungo la facciata di un palazzo. Il piano sequenza continua, infinito, come un unico film. Il protago- nista prosegue la sua ascesa e noi lo seguiamo fino al tetto dell’edificio, dove rimane in bilico a osservare la città che passa sotto il suo sguardo. La voce continua a imbonirlo con false promesse, con echi di fasti ormai trapassati. Tocca a lui decidere cosa fare della sua vita: se abbandonarsi alle ingannevoli lusinghe di un pubblico che ormai l’ha scordato o cercare un po’ di verità nella sua esistenza. Ma come fa un attore a staccarsi dalla sua doppiezza? Il suo desiderio di notorietà, l’illusione di poter vivere mille vite meglio della propria, lo spingono a gettarsi nell’impresa più ardua: convincere il pubblico e se stesso del proprio valore.
BIRDMAN
regia di Alejandro González Iñárritu