La relatività del male
Solo una vita vissuta per gli altri è una vita degna di essere vissuta » . Lo diceva Albert Einstein in un’intervista al New York Times nel 1932, quando viveva ancora in Germania, come ricorda Nuccio Ordine nell’articolo di copertina ( pag. 32). Nemmeno un anno dopo, Hitler veniva eletto ( votato dai tedeschi) cancelliere del Reich. Come a dire, tornando terra-terra: tutto è davvero relativo, anche il senso dell’esistenza, quando giunge a noi deformato da chissà quanti filtri. Così un ragazzo finalmente in sella al suo sogno di diventare pilota, pochi anni dopo può trasformarsi in un feroce sterminatore schiantando ragazzi, anche loro con un sogno, contro la parete di una montagna. Altri giovani che potrebbero affrancarsi da vite fragili con studio, impegno, lavoro, preferiscono arruolarsi nelle file di mahdi impazziti, convinti di essere angeli sterminatori. E che dire del sistema sanitario britannico costretto a istituire, in poche ore, una rete di pronto intervento psicologico per adolescenti in preda a crisi di nervi perché i componenti di una band litigano tra loro? Il bene e il male sono virali, soprattutto su personalità poco strutturate. La differenza tra oggi e il passato è nella velocità con cui si propagano. Un tempo, lentamente e in limitate aree geografiche. Oggi, con una velocità inaudita, senza il tempo di approntare anticorpi, e a livello planetario. Il bene, però, spesso richiede fatica, riflessione, comprensione e rinuncia agli istinti primordiali. Il male, l’invettiva da cui parte sempre, è invece basico, alla portata di tutti, la soluzione all’incapacità di confrontarsi con gli altri. Purtroppo, pare anche più sexy. Altrimenti non capiremmo perché solo chi si propone come castigamatti, vendicatore di colpe e responsabilità attribuite al prossimo, riesce, in poco tempo, a coagulare partiti o movimenti di massa. Esattamente l’opposto di quel che intendeva Einstein, uomo di molte contraddizioni, proprie della natura umana, dalle quali partì per dare un contributo fondamentale all’elevazione del genere umano e alla comprensione dell’esistenza, mostrando come ciò che spesso appare non è la realtà ma soltanto una rappresentazione di essa. Un’altra personalità del Novecento che meriterebbe di essere rispolverata è Bertrand Russell: filosofo e matematico britannico, con le sue provocazioni, pagate in prima persona, fu tra i pochi ad aver capito, mentre veniva vissuta, la ferocia del Novecento. Ce ne sarà occasione. Ora segnalo l’intervento di una lettrice a pag. 114: ci “esorta” a non trattare gli scienziati da eroi, già fin troppo “immeritatamente” vezzeggiati. La pubblichiamo sul numero con Einstein in copertina, a riprova di quanto tutto sia relativo e per concludere, rispondendo a quella lettera, che di eroi non abbiamo bisogno, ma di
vite vissute per gli altri sì.