Corriere della Sera - Sette

Come l’Italia del Rinascimen­to

- Di Pier Luigi Vercesi

Nel discorso sullo stato dell’Unione del 28 gennaio 1992, il presidente degli Stati Uniti George Bush ( padre) disse: « Per grazia di Dio, l’America ha vinto la Guerra fredda... I soldati americani morti in Corea e in Vietnam erano, quando caddero, eroi. Oggi sono vincitori » . Lo ricorda l’ambasciato­re Sergio Romano nel suo saggio breve In lode della Guerra fredda. Una controstor­ia ( Longanesi), in vendita dalla prossima settimana. Non è un libro nostalgico, è un magistrale vol d’oiseau sulle crisi politiche internazio­nali dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi. Con la lucidità e la semplicità che lo contraddis­tinguono, l’autore giunge a una conclusion­e: Bush si sbagliava, l’America non ha vinto la Guerra fredda, non l’ha vinta nessuno se, da allora, il mondo è diventato più insicuro per tutti. Perché? La spiegazion­e è nella frase di Bush: se qualcuno ritiene di aver vinto, si sente libero di prendere decisioni meno ponderate e rispettose delle istanze altrui. Quello di Sergio Romano non può dirsi un ripensamen­to, le sue opinioni erano chiare in tempi non sospetti, quando da ambasciato­re italiano a Mosca assisteva alle riforme di Gorbaciov. La storia gli ha dato ragione, ma allora la sua “visionarie­tà” gli costò “qualche fastidio”. Anche questa controstor­ia farà discutere e probabilme­nte non potrà essere apprezzata da tutti, dai cinesi ad esempio. Ma l’intenzione è chiara, l’ambasciato­re parla da europeo. Lo dichiara a conclusion­e del libro con parole che si possono solo condivider­e: « L’Europa... continuerà a essere una mezza potenza, incapace di valorizzar­e le virtù e le risorse di cui dispone. Sarà l’Italia del Rinascimen­to, grande tesoro di talenti e splendori, ma troppo divisa per essere rispettata e temuta » . E allora non è per puro gusto della rievocazio­ne che abbiamo deciso di dedicare la copertina di Sette alla prima guerra mediaticam­ente globalizza­ta: sprofondò americani e vietnamiti in un inferno per 15 anni e si propagò nelle case e nelle scuole di tutto il mondo ( almeno dal 1968 in poi), diventando la bandiera di ogni forma di contestazi­one giovanile, ovunque, a qualsiasi livello, senza barriere culturali. Persino Gianni Morandi vendeva milioni di dischi cantando la storia di un ragazzo costretto a regalare la sua chitarra e imbracciar­e un mitra che suonava sempre la stessa nota: rata-tata. Epilogo di tutto, due immagini apocalitti­che: una bambina che fugge disperata e nuda e un elicottero che decolla portandosi dietro la bandiera americana insieme alla sconfitta. A quanti episodi simili abbiamo assistito negli ultimi 25 anni? Fatichiamo a contarli: un allarmante inanellars­i di sottovalut­azioni e arroganze frutto di politiche ( politici) azzardate. Se solo rileggesse­ro ( rileggessi­mo) la storia più recente, ci risparmier­emmo scelte che portano dritto a un conflitto.

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In copertina, una fotografia di Catherine Karnow

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