Il (poco splendido) isolamento d’Israele
Dopo la rielezione di Netanyahu, il Paese è solo come mai sul piano internazionale.
debole, e che due predecessori di Netanyahu, il laburista Barak e il centrista Olmert, non sono riusciti a portare a termine il negoziato che avevano avviato, soprattutto per la debolezza dell’interlocutore palestinese. Ciò non toglie che continuare a mettergli i bastoni fra le ruote ( quando Sharon era convinto che al contrario fosse da sostenere) non è una soluzione.
SOCIETÀ DIVISA IN DUE. Nel Paese, il voto ha dimostrato che la società israeliana non sfugge a un fenomeno più generale, che in Europa conosciamo bene: la frammentazione, incoraggiata sul piano politico dal sistema proporzionale, che favorisce la dispersione dei voti. Non va dimenticato infatti che Netanyahu ha vinto le elezioni con il… 23% dei consensi. Oggi la società israeliana è divisa in due: una parte minoritaria, che ha votato a sinistra e al centro, e vive nella zona di Tel Aviv, e un Israele di certo più povero, d’immigrazione più recente, che ha scelto formazioni nazionaliste o ultranazionaliste. E poi c’è la minoranza di arabi israeliani, talmente maltrattata durante la campagna elettorale di Netanyahu da suscitare l’intervento degli Stati Uniti, che hanno ricordato a Israele che ha il dovere di restare una democrazia. Lo sappiamo bene, politica interna e politica estera sono collegate. Il partito della paura e la tentazione estremista provocano sempre un’involuzione della democrazia.