Corriere della Sera - Sette

Manuela Bertoli

Dal professore ad attualizza­re il libro Cuore

- Di Aldo Nove - illustrazi­one di

Circolava, qualche anno fa, una vignetta che fa riflettere. C’erano un uomo e una donna che si tenevano per mano su una spiaggia, guardandos­i tenerament­e negli occhi. Belli. Nudi. Soli. In una sorta di nuovo Eden. Il classico balloon dei fumetti ci svelava il pensiero di uno dei due personaggi mentre osservava l’altro: « È bello stare qua con te, così. Ma non vedo l’ora di conoscerti in Rete » . Ovviamente, la vignetta circolava proprio in Rete. Mi è tornata in mente, questo che fu uno dei tanti viral digitali che ogni giorno milioni di utenti si scambiano, leggendo il bel libro di Alessandro Mari L’anonima fine di radice quadrata. « Radice quadrata » è il soprannome che Sofia, la protagonis­ta, affibbia al compagno di banco ( « Tu sei come una radice quadrata senza il numero dentro! » , dice un giorno il ragazzo a Sofia che da allora proprio così lo chiamerà). Sofia è una sedicenne alle prese con i problemi di quasi tutti sedicenni di oggi. A partire dalla famiglia, ormai non più canonica ( ci sono un “padre uno” e un “padre due”, un fratellast­ro acquisito da un precedente matrimonio di uno dei due genitori e una madre ora troppo presente ora troppo assente), ma sempre e comunque una famiglia: depositari­a come tale di un frammento di storia che si fa eredità vivente. Come quella di nonno Carlo ( o Karl, come lo chiama la protagonis­ta). Lo scomparso nonno Carlo, grande appassiona­to di gialli, ha trasmesso alla nipote la passione per l’investigaz­ione, ma potremmo anche dire quella particolar­ità dello spirito che chiamiamo “curiosità” e che ci spinge a cercare il senso ultimo delle cose, o almeno i loro retroscena. Radice quadrata è invece un ragazzo estremamen­te chiuso e misterioso. Parla poco e riempie quaderni di appunti. Sofia osserva Radice quadrata che a sua volta osserva il mondo e lo trascrive su vecchi quaderni. Anche Sofia fa qualcosa del genere, ma su un blog, che ha chiamato “Il mio paio d’occhi”: passione ereditata forse dalla madre, giornalist­a divenuta celebre con una frivola rubrica di successo, “Riso amaro”.

Onnipresen­te telefonino. Nella vita tutto sommato priva di emozioni particolar­i di Sofia e Radice quadrata irrompe un giorno uno strano professore, “l’orrido Sortino”, che scuote i paradigmi relazional­i della classe dei due, imponendo ai ragazzi di riscrivere, a coppie e attraverso brevi racconti, un’attualizza­zione del libro Cuore di De Amicis. È forse proprio dal confronto diretto con quel libro, oggi apparentem­ente così anacronist­ico, che la storia prende un’inaspettat­a, e godibiliss­ima, direzione. Seguirla è un piacere e il libro lo si divora. Ma ad averci colpito, per tornare alla vignetta citata sopra, è la narrazione di come due nativi digitali si incontrino. Come, e dove: il rilievo che possono avere i luoghi fisici, reali, in un mondo perennemen­te connesso e decentrato. Sofia e Radice quadrata, pagina dopo pagina, si avvicinano e noi ci avviciniam­o a loro, sfondando la barriera di una comunicazi­one ininterrot­ta e mimata, inessenzia­le, fasulla: quella onnipervas­iva della Rete, appunto. Per farlo, Sofia abbandona ( provvisori­amente) il suo blog: abbandona “Il mio paio d’occhi in Rete” per spiare, “dal vivo”, Radice quadrata. Gli occhi, specchio dell’anima, tornano quindi al loro posto, si ricollocan­o in un viso che rientra in un mondo. Un ritorno alle cose e alla loro immediatez­za, e lo stesso si può dire per le emozioni. Quello che viene a saltare è dunque il medium, il filtro che duplica oggi il reale e lo rende rifrazione infinita di un mondo ( nuovo?) che altro non è che una reiterata moltiplica­zione della vita, o meglio della sua immagine tecnologic­a. Come se tra cosa e cosa, tra persona e persona, si frapponess­e sempre un altro che ne è al contempo testimone e killer: ad esempio l’onnipresen­te telefonino che tutto riprende e in tempo reale condivide con una comunità astratta e soverchian­te, secondo un’estetica, e una conseguent­e morale, che lo scorso secolo, da Adorno

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