Corriere della Sera - Sette

Al-Sisi arruola i beduini?

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La conferenza egiziana di Sharm el-Sheikh che si è tenuta tra il 13 e il 16 marzo scorsi è stata un successo di immagine per il regime di al-Sisi. Più di 90 Paesi, sia arabi che di tutto il mondo (tra cui la stessa Italia) erano presenti per quella che sarebbe dovuta essere una conferenza sull’economia, ma che di fatto si è trasformat­a in un dialogo internazio­nale sul terrorismo. Tra la Libia che scoppia (la strage di Tunisi non era ancora accaduta, ma i presuppost­i erano già presenti) e lo stesso Egitto che ha nel Sinai un vero e proprio covo di jihadisti. Già, il Sinai: come mai, si sono chiesti in tanti, proprio in quei giorni non si è verificato alcun attacco nel Sinai, area in cui da mesi si susseguono gli attentati del gruppo jihadista Ansar Bayt al-Maqdis? Per i più maliziosi e i fautori delle tesi complottis­te, sarebbe la prova che sia al-Sisi stesso a manovrare i gruppi terroristi nella penisola del Sinai. Ma secondo alcune fonti, invece, Il Cairo starebbe mettendo in campo le tribù beduine dell’area, che rappresent­ano i veri garanti della sicurezza di un territorio altrimenti fuori controllo. E sarebbero ben armati. Si profila uno scontro tra jihadisti e nomadi beduini per il Sinai?

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