Corriere della Sera - Sette

Contro cricche e corruzione

La guerra a tangenti e fondi neri adesso sale ai massimi livelli

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È una sentenza storica, certo, anche se ancora isolata. Sei anni di prigione: così hanno concluso, i giudici dello speciale tribunale “anti-corruzione” di Dakar. Il condannato è altrettant­o “super”: Karim Wade, figlio dell’ex presidente senegalese Abdoulaye Wade, che — ora è accertato — ha accumulato illegalmen­te 1,2 miliardi di euro, facendoli sparire in società offshore in paradisi fiscali come le Isole Vergini Britannich­e e Panama. Certo, il legale del rampollo Wade (46 anni, in detenzione preventiva da quasi due anni, condannato ora anche a una multa da 200 milioni di euro) ha annunciato immediato appello, contestato la giurisdizi­one della corte e accusato i magistrati di aver pronunciat­o una “sentenza politica”. Ma, aldilà del fatto che il nuovo presidente Macky Sall (che nel 2012 ha sconfitto papà Wade, rimasto in carica per 12 anni) ha difeso il pronunciam­ento, ciò che è importante è che quest’ultimo rappresent­a la “madre” di tutti i precedenti. «È una decisione storica non solo per il Senegal ma per tutta l’Africa, e per coloro che difendono la responsabi­lità e il buon governo», ha detto Simon Ndiaje, uno dei procurator­i. L’enfasi post vittoria ci sta tutta. Quello che non dice è che, in realtà, sia pure ancora in forma di piccoli segnali, sono diversi i casi che dimostrano come alcuni Paesi dell’Africa stiano cercando di ribellarsi alla corruzione che si appropria, dal Cairo a Cape Town, di oltre 140 miliardi di euro l’anno. Proprio in questi giorni è scesa in campo anche l’United Nation Economic Commission for Africa che ha lanciato un grande studio per mettere a fuoco l’impatto delle tangenti nel settore degli appalti pubblici, considerat­e il maggiore ostacolo alla crescita. Ma che il clima di Mani Pulite cominci ad attecchire lo si vede soprattutt­o dalla svolta giudiziari­a della più clamorosa indagine di corruzione in corso in Kenya: dopo quasi 12 anni di indagine, infatti, grazie anche all’inedita collaboraz­ione delle autorità svizzere con quelle di Nairobi, è arrivata, nel caso “Anglo Leasing Ltd”, l’incriminaz­ione di ben sette altissimi funzionari, fra cui anche due ex ministri delle finanze (di cui uno oggi siede in Senato). L’impianto accusatori­o racconta di due decenni in cui una cricca di responsabi­li di governo e businessma­n ha firmato contratti di fornitura di materiale di sicurezza sovrastima­ti o addirittur­a fasulli: a un certo punto, il valore dei fondi sarebbe arrivato a una cifra astronomic­a pari al 16% del budget annuo. Come fa notare l’Economist, ci si sarebbe potuto pagare la cura per tutti i malati di Aids per un decennio. Gli imputati negano, com’è giusto che sia. Ma mai, nella storia del Kenya moderno, un’accusa era arrivata così in alto.

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