La piazza è tutta antinucleare
Più di 45 mila persone che inneggiano contro l’energia nucleare non sono poche. Certo, la partita del movimento antiatomo è ancora aperta. Ma a Taiwan l’onda sem- bra restare alta. L’occasione per la protesta è stata il progetto del governo dell’isola di mandare all’estero le scorie degli impianti che producono energia atomica per il loro trattamento e un eventuale riutilizzo. A Taiwan è forte l’opinione contraria; sono in molti a vedere analogie — anche dal punto di vista geologico e sismico —con il Giappone, dove 4 anni fa è avvenuta la tragedia alla centrale di Fukushima. E a temere simili disastri. L’anno scorso il governo è stato costretto a sigillare una centrale quasi pronta che avrebbe dovuto essere inaugurata quest’anno. Ora c’è in ballo un referendum sul tema (da tenere entro il 2018), ma intanto sono in molti a chiedere la chiusura delle due vecchie centrali. «Il governo riveda la politica energetica. Bisogna passare alle rinnovabili», è la richiesta della piazza. Al momento l’esecutivo calcola che il 20% del fabbisogno energetico ricavato dalle centrali, che sono pubbliche, resti indispensabile per scongiurare i rischi di blackout. Il risultato, intanto, è che il piano di trattamento del materiale radioattivo in vista di un suo riutilizzo è sospeso. E la guardia degli oppositori resta alta.