Corriere della Sera - Sette

Chi vince ha ragione chi perde torto. Questa è la logica

Nelle pagine di stalinismo, si respira il fascino e il delirio di

- Di Gian Arturo Ferrari di Koestler, coraggiosa denuncia dello

Come comincia, esattament­e così finisce. Buio a mezzogiorn­o ( un titolo fulminante, uno dei più belli del Novecento) apre la prima pagina con la porta della cella che sbatte, con i corridoi della prigione nella luce fioca e rossastra delle lampadine nude, con le guardie gigantesch­e strette nelle uniformi che scricchiol­ano, nei rigidi polsini che frusciano, con l’odore di cuoio fresco dei cinturoni e delle fondine, con gli occhi invisibili dietro gli spioncini. Con la certezza di morire. « Bisogna arrivare fino in fondo » , pensa Rubasciov. « Sino alla fine » . « Così sarò fucilato » , si dice poco dopo. « Così vogliono fucilarti » , si ripete. « Così, stai per essere cancellato dalla faccia della terra » , conclude. E puntualmen­te nell’ultima pagina sbatte per l’ultima volta la porta della cella, il piccolo corteo si avvia per il tetro corridoio sotto le fioche lampadine e sotto lo sguardo invisibile degli altri prigionier­i, si scende la scala a chiocciola che porta alle cantine, una delle guardie gigantesch­e segue di tre passi Rubasciov. Fino al colpo alla nuca. L’ultima cosa che Rubasciov sente è l’odore di cuoio fresco del cinturone della guardia che si è chinata su di lui per il colpo di grazia. La fine si ricongiung­e al principio, nulla in realtà è avvenuto, tutto era già scritto. Il cerchio è la figura geometrica dello stalinismo, il ritorno su se stessi, non l’indefinita progressio­ne della linea retta. Ciò che doveva essere è, quel che ci si aspettava è accaduto. Lo stalinismo è greve, porta il peso della necessità, l’ottusità delle cose ovvie. Questo tratto non è un’invenzione di Arthur Koestler, lo stalinista pentito che nel 1940, a pochi mesi dagli ultimi processi di Mosca, ebbe il coraggio di pubblicare Buio a mezzogiorn­o, il libro terribile e definitivo. La circolarit­à è autentica, sta nei documenti storici. A pochi mesi dalla sua conclusion­e, il Commissari­ato del popolo per la giustizia dell’Urss pubblicò, a edificazio­ne dei militanti e delle masse, il resoconto stenografi­co del “Processo al blocco della destra e dei trotzkisti antisoviet­ici” che era iniziato il 2 marzo e si era concluso, con le condanne, alle quattro della mattina del 13 marzo 1938. All’inizio, l’elenco degli imputati segue un ordine incomprens­ibile: non alfabetico né ubbidiente a qualsiasi altro principio. Alla fine, 830 pagine dopo, tutto si chiarisce. L’ordine iniziale è identico a quello finale, è redatto per gravità delle condanne, naturalmen­te già stabilite all’inizio, a cominciare da quelle a morte. Anche qui la fine si ricongiung­e al principio, circolarme­nte. Il processo del ’ 38 è il più celebre, quello a Bucharin, che è stato uno dei modelli su cui Koestler ha costruito il suo Nicolaj Salmanovic Rubasciov, dirigente bolscevico della prima ora, compagno di Lenin, generale nella guerra civile, Commissari­o del popolo ( cioè ministro) dell’Urss. Nella figura ro-

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