Corriere della Sera - Sette

Onnipotenz­a

- Di quell’idea

manzesca di Rubasciov confluisco­no anche tratti biografici di altri grandi bolscevich­i uccisi da Stalin, da Rykov a Radek. Ma è a Bucharin, con la sua finezza intellettu­ale, che Koestler ha soprattutt­o guardato ed è quel resoconto, parola per parola, del suo processo che deve aver avuto tra le mani mentre scriveva il suo capolavoro.

La scienza della storia. Lessi per la prima voltaBuio a mezzogiorn­o a vent’anni o poco più, quando già i tempi inclinavan­o verso il ’ 68. Come molti della mia generazion­e, privi di mezzi e di qualche ingegno – affamati e svegli –, ero di sinistra. Un caro amico, che era in diretto contatto con la locale Federazion­e comunista, si premurò di dirmi, riservatam­ente, che “là” quella lettura non era vista di buon occhio. Il libro circolava da quasi vent’anni, essendo stato pubblicato in Italia da Mondadori nel 1946. Stalin era morto da oltre una dozzina. Eppure ancora “là” lo temevano. Perché? La ragione profonda — non quella superficia­le delle morti, degli orrori, dei metodi spicciativ­i di risolvere i conflitti politici — sta in una parola, una parola chiave che si insegue e corre per tutte le pagine sia di Buio a mezzogiorn­o sia del resoconto del processo a Bucharin. Questa parola è “logica”. La logica di cui qui

La pietà è l’opposto della logica. Non governa la storia, ma quanto il male, e forse di più, rimane inestirpab­ile dall’anima umana

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