Il latte materno? Un affare
Le società di venture capital investono nel settore. Ma c’è chi dice: «È sfruttamento»
molto particolari di zuccheri presenti in una concentrazione elevata solo nel latte materno. Sostanze che i batteri assorbono in modo diverso dalle altre. Così, mentre la Prolacta (sede in California) e i suoi concorrenti come Medolac Laboratories che è in Oregon, crescono rapidamente, si moltiplicano anche i centri di ricerca e le aziende biotech che sviluppano nuovi impieghi per il latte materno. Che diventa merce sempre più rara, costosa e rischiosa per chi ne ha davvero bisogno. Quello donato alle banche del latte non basta più: si va sul mercato libero, ma a parte i costi (da 40 a 150 dollari al litro), bisogna tener conto dei rischi legati, ad esempio, alla possibile trasmissione di malattie, quando questo latte non viene sottoposto a controlli sa- nitari. C’è chi critica (per la rivista Wired il latte materno è il nuovo “liquid gold”, oro liquido) e chi ritiene che non ci sia nulla da scandalizzarsi: gli Stati Uniti sono uno dei pochissimi Paesi al mondo che non concedono un periodo di sospensione retribuita del lavoro alle madri dopo il parto. È più che comprensibile che quelle che hanno latte in eccesso cerchino di trasformarlo in una fonte di reddito, una specie di lavoro part time: il New York Times ha citato il caso di una donna che col suo latte ha incassato più di duemila dollari. Ma i rischi sono parecchi e non sono solo sanitari. Si teme, ad esempio, che madri bisognose vendano il latte, dando ai loro piccoli quello in polvere. Di recente i giornali del Michigan hanno raccontato il caso di Detroit dove la Medolac aveva avviato una campagna per l’acquisto di latte materno. Accusata di voler approfittare della povertà dei quartieri neri della città, quelli coi più alti tassi di mortalità infantile d’ America, l’azienda ha dovuto abbandonare la campagna.