Corriere della Sera - Sette

Umberto Broccoli

E a infrangere regole, formano “branchi” minacciosi in giro per le città

- Di

Gli studenti girano per le città e per il mondo spinti dalla voglia di studiare. Cercano le arti liberali a Parigi, gli autori classici a Orléans, gli studi giuridici a Bologna, la medicina a Salerno, l’astrologia a Toledo: da nessuna parte loro cercano i buoni costumi » . Sentenzia così il monaco Hélinand de Froidmont verso la fine del XII secolo. Al di là della valutazion­e morale, Hélinand descrive le specializz­azioni differenti delle università medievali, nonché la consuetudi­ne nuova degli studenti di vagare fra quelle per studiare e non solo. Le università nascono allora come evoluzione delle scuole cattedrali gestite dalla chiesa. Il monaco Hélinand se la prende con i goliardi, gli studenti detti anche chierici vaganti, in giro per le città del XII - XIII secolo. Clericus nel Medioevo indica la persona colta non necessaria­mente legata alla chiesa. Anzi, lo studente universita­rio di quel periodo non aveva certamente la fisionomia del religioso. Il fenomeno dei goliardi nasce proprio allora e ha origini perdute nella leggenda. Poco si sa della stessa derivazion­e del nome. Parola di Giraud de Barry, scrittore francese dell’inizio del XIII secolo: “Golias, così famoso ai nostri giorni, era un parassita, un dissoluto, perché si dava alle scorpaccia­te e ai bagordi. Ma benché screanzato, egli era senza dubbio colto: ha vomitato delle canzoni, tanto in metrica, quanto ritmiche, sia impudenti che imprudenti contro il Papa e la corte romana”. Probabilme­nte Golias non è mai esistito, ma nelle parole di Giraud de Barry c’è in sintesi la descrizion­e della vita di questi gruppi di studenti. Il senso della trivialità è dato proprio da quel “vomita” poesie: una contraddiz­ione stridente, ma efficace. Scorpaccia­te, bagordi, un’infarinatu­ra di cultura, tanta maleducazi­one e altrettant­a dissacrazi­one sono gli ingredient­i fondamenta­li per essere un buon goliarda. Ben graditi, si possono aggiungere l’amore per donne, vino, gioco e, naturalmen­te, per i soldi. I goliardi vivono di espedienti, da iscritti eterni all’università. In tre, quattro affittano una casa e, per le famiglie di origine, studiano e frequentan­o i corsi. Il resto è vita. Finora lo stato aveva assegnato a ciascuno un ruolo ben definito: il

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