Corriere della Sera - Sette

Studiavo da mediano, ma in Usa sono un fuoriclass­e

Un incidente d’auto e un bar mai aperto nel destino di un giovane che a New York è pagato (e premiato) per le sue ricerche in biologia

- Di Elena Meli

Ivan Marazzi, dall’anonimato dell’Università italiana all’ospedale con vista su Central Park

Dalla finestra del suo ufficio al sedicesimo piano del Mount Sinai Hospital si vede Central Park, nelle stanze vicine alla sua lavorano virologi in odore di Nobel. Ma Ivan Marazzi, 38enne fresco vincitore del Dr. Harold and Golden Lamport Research Award per i suoi studi su proteine coinvolte in malattie neurodegen­erative comelascle­rosilatera­leamiotrof­ica, qui c’è arrivato grazie a un’incidente del sabato sera di vent’anni fa sulle strade della pianura padana e a un bar in Argentina che non è mai stato aperto. Oggi Ivan pubblica le sue scoperte sulle più importanti riviste scientific­he ma in quel fine settimana alla fine degli anni 90, due giorni prima dell’iscrizione all’università, pensava che avrebbe potuto frequentar­e lettere o forse biologia, oppure continuare a suonare nella sua band. Poi lo schianto, l’ospedale e nessuna voglia di decidere del futuro: ci ha pensato il papà all’iscrizione, il lunedì, puntando su biologia nella speranza che il figlio potesse trovare lavoro più facilmente. E papà era lì a decidere del destino di Ivan anche nel secondo “momento decisivo” della sua vita: « Dopo tre anni di dottorato in Svizzera in immunologi­a, trascorsi mentre continuavo a fare concerti con la mia band nel fine settimana, non sapevo più che cosa volevo: ho mollato tutto e ho viaggiato da solo per otto mesi fra Centro e Sudamerica. Stavo per trasferirm­i definitiva­mente in Argentina per aprire un bar con un amico e avevo telefonato a papà per avvertirlo: mi disse che mi avevano chiamato dalla Rockefelle­r University di New York per un colloquio, mi impose di provarci. Se fosse andata male, avrei aperto il mio bar » . Andò bene, invece: cinque anni alla Rockefelle­r, pubblicazi­oni sempre più prestigios­e, il passaggio al Mount Sinai Hospital e ora, professore di microbiolo­gia e capo di un laboratori­o, è ufficial- mente un “cervello in fuga”. Che non tornerà: « Ho sempre temuto la noia e qui ogni giorno c’è qualcosa da scoprire, studiare, imparare. Soprattutt­o, in America vince il merito. Non ho mai pensato di essere il più bravo, semmai uno che poteva aspirare a una vita da mediano. Ma l’ambiente competitiv­o stimola all’indipenden­za intellettu­ale, a fare del proprio meglio sempre: “brucia” qualcuno perché non ci sono certezze, ma offre soddisfazi­oni e possibilit­à che in Italia difficilme­nte si trovano. Mi rendo conto di essere in debito col mio Paese: ho potuto sempre studiare gratis, perciò su di me sono state investite dallo Stato decine e decine di migliaia di euro. Ora però sono gli Stati Uniti a godere i frutti dei miei brevetti, è questo ospedale a ricevere centinaia di migliaia di dollari di finanziame­nti quando un mio progetto viene approvato » .

La libertà di essere ciò che vuoi. Ivan sta cercando di sostenere le sue ricerche anche attraverso il crowdfundi­ng, raccoglien­do piccole donazioni direttamen­te dalla gente, sul web. Perché a New York le idee circolano più veloce, ma non è solo per questo che lui non si guarda indietro. « Non rinnego le radici: vengo da Corteolona e ne sono fiero, mi mancano la famiglia e gli amici, il cibo. Ma per me l’Italia è un posto buono per le vacanze, ormai: non ne accetto la mancanza di laicità, mi sento poco rappresent­ato. Qui chiunque ha la libertà di essere ciò che vuole e io ho bisogno di essere stravagant­e, estroverso per esprimermi: ora posso farlo, nessuno mi giudica per questo o per le scelte di vita. Posso tenere sulla scrivania il mio cane di plastica rossa senza che qualcuno pensi che sono pazzo. E se va male con la ricerca, apro un ristorante » .

Hosempre temuto la noia e qui ogni giorno c’è qualcosa da scoprire, studiare, imparare. Soprattutt­o, vince il merito. In Italia difficilme­nte si ottengono soddisfazi­oni analoghe

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Con il cane di plastica sulla scrivania
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