Stefano Rodi
Con l’adesivo. «Chi vuole le porta a casa, le altre vengono disperse da pioggia e vento»
AComo, per un po’ di mesi, di lui si conosceva solo il soprannome: “Savethewall” ( Salvailmuro). Era la firma messa sotto a quadri che appendeva per strada, nottetempo. Usciva verso le tre, con naso e baffi finti, e badava a non essere riconosciuto. L’ “opera prima” era un uccellino che “twittava” una nota musicale. Ne seguirono molte altre, stencil su cartone 30x40 cm, sempre affissi con il favore delle tenebre. L’idea di Savethewall era quella che mentre i graffiti degli artisti di strada, belli o brutti che siano, restano fino a quando si rivernicia il muro, i suoi lavori sarebbero finiti nelle mani di qualcuno che se li portava a casa, oppure sarebbero stati dispersi da pioggia e vento. Una selezione naturale che non frustrava la creatività personale, ma nemmeno gli spazi pubblici. Uno dei soggetti, intitolato “Caro imbrattatore”, ritraeva una bomboletta spray dalla quale usciva quella cosa che rese famoso Piero Manzoni ( non a caso uno degli ispiratori dell’artista “salvamuri”), e una scritta che diceva: « Se fosse arte la compreremmo e invece dovremo pagare per cancellarla » . Un giorno, dopo un bel po’ di mesi, un artigiano al quale molte persone portavano questi disegni volanti, chiedendo di incorniciarli, domandò a una ragazza se lei non avesse un’idea sull’identità di “questo Savethewall”. Lei era un’amica del “salvamuri”, che così venne a sapere che molti dei suoi lavori erano stati apprezzati davvero, tanto da richiedere una cornice. Andò dall’artigiano, « buongiorno, sono Savethewall » . Fine del prologo, inizio della storia. Pierpaolo Peretta ha cominciato a disegnare da piccolo. Poi ha fatto anche molto altro: l’agente immobiliare, il dirigente di un’associazione di categoria, il creativo nella pubblicità, il manager. Ma non ha mai smesso di disegnare, in tutti i modi. Viene da una famiglia antica e “vivace”: patrioti, pittori, filosofi, imprenditori. Il bisnonno, il giudice antifascista Pier Amato Perretta, figlio di un garibaldino e poi ucciso dagli squadristi nel 1944, è stato capace di riassumere le poliedriche qualità del suo ramo famigliare, tanto che a lui Como ha intitolata una piazza. Il disegno per Pierpaolo, fin dall’infanzia, è stato un’attrazione e anche uno sfogo. « Una volta che mio padre mi fece arrabbiare lo ritrassi in una caricatura a torso nudo e con un grande pannolone, affacciato a un girello, mentre arringava la folla » . Ma la famiglia Perretta non ha trovato motivi di censurare la sua arte, anzi. « Abitavamo in una grande casa sulla collina di Cardina, a due passi da Como. Su tutti i muri, sia all’interno che all’esterno, ho dipinto qualcosa » . È stato street artist a casa sua. Murales veri e propri fatti con l’aerografo, con tanto di Uomo Ragno in grandezza naturale che scala una parete, oppure la tomba di Nefertari dipinta in corridoio. Tutto sulle pareti domestiche. E ancora, colpo finale comunque realizzato col consenso materno: una parete “lavorata” col trapano elettrico, per infilare nei buchi