La nostra Resistenza, nella vita e nei romanzi
Un incontro su un momento storico decisivo della storia italiana
La Resistenza baldanzosa e “cinematografica” di Beppe Fenoglio e quella intellettuale, cervellotica di Cesare Pavese. Lo scrittore che è stato anche partigiano ( Fenoglio) e quello che non è mai sceso in campo ( Pavese). Il personaggio fumantino, vigoroso e intraprendente ( il partigiano Johnny) e quello tormentato, insicuro, timoroso ( Corrado di La casa in collina). La forbice tra Resistenza vissuta e Resistenza raccontata non si assottiglia mai, nemmeno quando chi racconta ha provato in prima persona ciò di cui scrive. « Beppe Fenoglio è stato partigiano nella vita, ma ha trasposto su carta la sua esperienza come una saga epica, un’epopea western » , spiega Aldo Grasso, critico televisivo e docente universitario. « Il suo Partigiano Johnny potrebbe tranquillamente essere un film di John Ford. Una scelta di stile che deriva dall’amore di Fenoglio per la letteratura anglosassone. E che però fa riflettere: il racconto crea sempre un mondo a sé, differente dalla realtà, anche se le connessioni iniziali con la realtà
APPUNTAMENTI MILANESI
sono forti » . Il dibattito comincia da qui: la Resistenza vissuta, dunque, non verrà mai davvero restituita? Il racconto sarà sempre, in qualche modo, fuorviante? Di questo si ragionerà durante “Resistenza vissuta e resistenza raccontata”, l’incontro che la Fondazione Corriere della Sera ha organizzato per martedì 14 aprile ( ore 18, sala Buzzati). Si tratta del secondo appuntamento del ciclo “1945- 2015. Storia e storie dell’Italia liberata”: il primo, “Dalla Repubblica di Salò alla Liberazione”, si è svolto lo scorso 31 marzo. A discutere di realtà e fiction ci sarà, ol- tre ad Aldo Grasso, il docente di Letteratura italiana Gabriele Pedullà, autore di un saggio su Fenoglio e di un’antologia sulla Resistenza. Il dibattito non si concentrerà solo sui romanzi, ma toccherà anche il ruolo della storiografia: come gli storici hanno raccontato la Resistenza? « La cosa interessante è che negli ultimi anni il lavoro degli storici è cambiato » , spiega Aldo Grasso. « Non si considerano più solo le fonti ufficiali, i documenti, le decisioni istituzionali. La ricostruzione dei fatti avviene sempre di più anche attraverso le foto, i diari, le annotazioni dei protagonisti. La storia sta cominciando a includere gli stati d’animo » . Insomma, sta diventando più narrativa. Perché, alla fine, vita e racconto non sono le due punte estreme di una forbice, ma due facce della stessa medaglia.